“Il Signore ha voluto che l’ultimo passo, l’ultimo pensiero di padre Graziano fosse tra il rosario e l’altare, tra la tenerezza della Madre e le braccia del Figlio, che lo ha raccolto mentre stava per rendere l’ultimo omaggio al suo Dio. Quel gradino che non è riuscito a salire con i piedi sulla terra, si è addolcito per lui per consentirgli di accedere all’eterno banchetto del cielo”. Così padre Ferdinando Campana, provinciale dei Frati minori delle Marche, ha ricordato gli ultimi attimi della vita terrena di padre Graziano Ripanti, le cui esequie sono state celebrate – lunedì 30 settembre nella chiesa di San Giovanni – da S. E. Mons. Piero Coccia, alla presenza di tanti confratelli religiosi, di docenti universitari, di fedeli.
Cultura. Grande studioso e ricercatore, padre Graziano è stato una personalità di spicco nella vita intellettuale, filosofica e teologica del mondo urbinate e marchigiano. Una personalità sempre improntata a doti che gli derivavano, come ha sottolineato l’Arcivescovo, dal suo francescanesimo: affabilità, semplicità, umiltà, essenzialità. “Era un uomo generoso, non solo materialmente, ma anche intellettualmente e spiritualmente: lo caratterizzavano intelligenza aperta, capacità di relazione, curiosità per situazioni nuove, tensione ad approfondire sempre più il mistero del Cristo”.
Era innamorato della ricerca, dello spaziare della mente. Gli era veramente “dolce il naufragare in quel mare”, il districarsi “nelle sudate carte”, il dedicare allo studio mente, cuore, spirito, tempo. Si immergeva nei meandri dei filosofi e dei teologi del suo tempo e del passato. Era esperto di S. Agostino, dei filosofi francesi dell’ermeneutica (Levinas, Ricoeur e Jean-Luc Marion) e li citava con grande competenza.
Insegnamento. Ma soprattutto amava condividere l’esito delle sue ricerche con gli studenti. L’insegnamento era l’altra sua passione. “Sapeva dialogare con tutti, atei, scettici, cercatori di verità e di bellezza. In particolare con chi cercava un senso, una risposta alle domande più formidabili della vita: chi è l’uomo? Chi è Dio? Non imponeva un pensiero, ma indicava una strada. Non aveva risposte preconfezionate, ma suggeriva piste e strumenti di ricerca. Per lui, anche il pensiero di Dio non stava all’inizio del cammino, ma lungo la strada della faticosa ricerca, seppure illuminata dalla luce di Cristo. Non guardava dall’alto in basso i suoi interlocutori, ma sapeva farsi compagno di viaggio di chi chiedeva un lume per orientarsi nel buio della caligine del pensiero e della vita”.
Umiltà. Padre Graziano tuttavia non è stato soltanto un teorico del pensiero, ma anche un fratello, un amico per i frati del convento e per la gente che lo conosceva e ammirava.
Egli infatti è stato per tanti anni economo del convento a Urbino e a Fano. Era lui che andava a fare la spesa e pensava al pranzo e alla cena. E così, mentre saliva in cattedra ad insegnare, saliva anche in cattedra a servire i fratelli; e mentre si perdeva nello studio, si dedicava anche alla spesa per loro.
Padre Graziano è stato un gigante della fede. Sapeva bene che la ricerca intellettuale, il pensiero, le parole, per quanto espressioni altissime della dignità dell’uomo, “si impietriscono nella afasia” con il sopraggiungere della morte. Per questo pregava, come ha ricordato un amico: “Quando questo avverrà, sia con me la Tua Parola, la Tua Verità, la Tua Luce”.
PAOLA CAMPANINI
Faro dell’Istituto Mancini di Urbino
Padre Graziano Ripanti nasce a Monterado (AN) nella diocesi di Senigallia, il 26 maggio 1938. Entrato in seminario a 14 anni, riveste l’abito francescano nel 1957 a Treia, prosegue gli studi liceali a Matelica e quelli teologici a Jesi; qui, dopo la professione solenne (17 settembre 1964), viene ordinato sacerdote (3 aprile 1965).
Prosegue con passione gli studi all’Antonianum di Roma (Licenza in Teologia nel 1966) e presso l’Università Cattolica di Milano, assecondando quella innata attitudine alla riflessione filosofica e teologica che lo porta a conseguire il Dottorato di Filosofia a Urbino nel 1971.
Discepolo di don Italo Mancini, gli succede nella cattedra di Filosofia della Religione (1975-1981) e di Filosofia Teoretica (1982-2008). Insegna anche a Roma presso la Pontificia Università Antonianum. I suoi libri sono un punto di riferimento per i suoi corsi universitari e per il dialogo con il mondo della cultura.
Cofondatore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Urbino e del Circolo di san Bernardino, promuove tante attività culturali e sociali, coinvolgendo durante gli anni ’80 e ’90 schiere di giovani studenti nella conoscenza di pensatori di ogni estrazione, tra cui il grande teorico dell’ermeneutica Hans Georg Gadamer.
Colpito nel 2017 da una grave malattia, viene accolto e custodito con amore dai suoi fratelli della comunità di Pesaro: con loro ritorna alla scuola della preghiera e dell’Eucaristia. Proprio mentre si appresta a celebrare la messa nella chiesa di S. Giovanni, il 22 settembre 2019 padre Graziano cade, battendo la testa. Conclude così la sua vita terrena il 26 dello stesso mese.
A CURA DI P.C
Grazie professore da parte di tutti noi, tuoi allievi
Sono le 7.45 del 26 settembre 2019: padre Graziano Ripanti lascia la vita terrena.
Frate minore, sacerdote, filosofo, era stato chiamato dall’eminente studioso don Italo Mancini a Urbino per l’insegnamento, nell’Università degli studi “Carlo Bo”, di Filosofia teoretica in Facoltà e di Filosofia della Religione presso l’ISSR, sempre all’interno dell’Ateneo. Il suo insegnamento ha attraversato la mente e il cuore di tanti studenti, colpiti per un verso dalla sua umanità e generosità e dall’altro dalla rigorosa sollecitazione a pensare, a riflettere, a leggere in chiave critica ed ermeneutica il reale.
Il suo sistema filosofico ha come fondamento il pensiero della Parola, della Parola rivelata, intesa come capacità creatrice originaria, in virtù della quale le cose vengono all’essere.
Studioso di Agostino, la sua riflessione filosofica si gioca tutta tra il rapporto Parola divina ed eternità da un lato e incarnazione e storia della salvezza dall’altro.
Inoltre, il pensiero della parola- lo ripeteva spesso- è sempre dialogico, ha bisogno di prendere in considerazione il tempo, perché ciò implica prendere sul serio l’altro.
E la Parola è anche ascolto, appello all’ascolto nel momento in cui si è interpellati dall’ineludibile responsabilità al cospetto dell’altro.
Ci affascinava, perché allargava i nostri orizzonti, attraverso quelle profonde emozioni che svegliano la vita dello spirito.
Grazie professore da parte di tutti noi, tuoi allievi. Non abbiamo dimenticato il tuo insegnamento: solo attraverso la “fatica del concetto” e l’apertura del cuore noi possiamo ripensare la nostra vita e il suo senso.
IRENE MARIA CAVALLI