Fano
di Redazione
L’incontro di Gesù con il cieco nato ha fatto da filo conduttore alla meditazione del Primo Quaresimale. Mons. Ugo Ughi ha dato voce alle parole del Vescovo Armando, impossibilitato per motivi di salute a guidare il Quaresimale, nel primo appuntamento di lunedì 22 febbraio nella Basilica di San Paterniano.
Il cieco. “Il cieco – ha sottolineato Mons. Ughi riprendendo le parole del Vescovo – non conosceva Dio, non conosceva quasi niente, tutto quello che sapeva era che per vivere doveva fare il mendicante cercando nella carità altrui l’aiuto necessario per arrivare al giorno successivo. Tutta la sua vita era stata così, non conosceva alternative al punto che davanti a Gesù egli non ebbe neppure il coraggio o la forza di domandare. E’ Gesù che gli andò incontro facendosi suo prossimo. La pena di quell’uomo era talmente grande e il suo dolore talmente radicato che non aveva più parole. Non era capace neppure di gridare. Queste erano le circostanze della sua vita e bisogna averle ben presenti per capire la grandezza di questo incontro, per farlo rivivere. Il parallelismo con la nostra esperienza quotidiana non è azzardato: anche noi di fronte alla durezza della realtà talvolta siamo tentati di chiuderci nel silenzio, anche a noi, come al cieco nato, capita di pensare di essere segnati dalla cattiva sorte o di essere irrimediabilmente vittime delle nostre debolezze o comunque di potenze che non riusciamo a governare. Ecco allora che per ritrovare la speranza diventa più che mai importante rivivere questo incontro con Gesù”.
Sofferenza. Mons. Ugo si è poi, soffermato, sulla sofferenza, un immenso mistero davanti al quale la prima reazione deve essere quella del rispetto silenzioso. “Il cieco nato diventa il segno di qualcosa può accadere a ognuno di noi. Anche noi siamo ciechi quando non sappiamo il perché della nostra vita. Gesù è venuto innanzitutto per questo, per rivelarci il perché della nostra esistenza, per dirci che non nasciamo dal nulla per andare verso il nulla. Come per il cieco nato la sofferenza è stata l’occasione per un incontro meraviglioso, così le circostanze difficili che ogni uomo, presto o tardi, si trova a vivere possono essere l’occasione per incontrare Gesù. Liberaci dal male recita il Padre nostro, ma il senso vero di queste tre parole è: “Fa del nostro male una occasione per incontrarti, per riconoscerti, per amarti. Fa che tutte le nostre debolezze ci rendano umili di fronte alla vita e ci permettano di riconoscere che c’è un Padre”. Così debolezze, fatiche e peccati si capovolgono in aiuto e nell’umiltà del cuore, ci introducono alla scoperta che nella vita c’è un Creatore che ci ama e che vuole la nostra salvezza. Ecco allora – ha proseguito Mons. Ughi – il cambiamento di prospettiva: il cieco non è dunque un peccatore, un maledetto, ma un figlio amato dal Padre. Gesù non desidera portarci a vivere in un altro mondo. Ci accompagna piuttosto a vivere in questo mondo in un altro modo. Con gli occhi di Gesù iniziamo a scoprire stagioni che prima non conoscevamo: la stagione del perdono, quella dell’accoglienza, della comunione con gli altri e del costruire assieme. Quando si entra in questa visione nuova dell’esistenza, si prova gioia nuova e incontenibile”.