“Servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo”: sono i due appellativi con cui San Paolo si presenta nel primo versetto della sua lettera a Tito, Vescovo di Creta. Sono i due titoli con cui la comunità parrocchiale San Francesco d’Assisi di Pesaro vorrebbe ricordare il suo compagno di viaggio, per tanti anni pastore discreto e solerte nella nostra Parrocchia fino al settembre dell’anno 2013. Padre Fabio Ottaviani è approdato alla soglia della Gerusalemme celeste in un modo molto simile al modo con cui è vissuto: discretamente, in punta di piedi, con quella convinzione radicata nel suo stile di vita e di pastore che i gesti valgono ben di più di proclami e teorie pastorali.
Francescano. Nella mattina del 24 gennaio scorso, senza che neanche il suo compagno di camera di ospedale si fosse accorto, padre Fabio si è veramente addormentato, ne siamo convinti, con la pace nel cuore. Lui, così devoto della Vergine Maria, chissà quante volte l’avrà invocata ogni giorno chiedendole di pregare per lui anche “nel momento della morte”. La Vergine lo ha accompagnato in questo ultimo viaggio, lo ha portato tra le braccia misericordiose del Figlio suo Gesù, per il quale egli si è fatto servo e apostolo. Servo, perché fin dalla sua più tenere età, padre Fabio si è messo a disposizione del Regno di Dio, offrendo la sua umanità, le sue energie, i suoi sogni. Nella sua consacrazione francescana nell’abito cappuccino, piace vedere un desiderio di totalità, di un’offerta senza compromessi al Signore della vita e della storia. Apostolo, perché gran parte della sua esistenza terrena giunta al limite degli ottanta anni, è stata spesa nell’esercizio del ministero sacerdotale, sempre in prima linea, nella pastorale parrocchiale. Due poli, due luoghi, due comunità cristiane lo hanno visto spendersi con la gente e tra la gente, senza mai perdere di vista il suo essere frate minore cappuccino. A Loreto come a Pesaro non si è mai risparmiato, dando quello che aveva, quello che poteva, quello che per primo lui aveva accolto nel cuore.
Risposta. Padre Fabio donava infatti quella che lui per primo aveva saputo vivere e assimilare, una fede genuina che progressivamente si era fatta abbandono filiale nelle braccia del Padre. Il suo modo di essere determinava il suo modo di fare e quindi anche il suo modo di essere pastore. Proprio dal cuore del Padre celeste saprà continuare a mandarci le sue pillole di Vangelo, come era abituato a fare ultimamente. In questi ultimi anni molti di noi sono andati a trovarlo al Santuario di Loreto e alla consueta domanda “come stai?” lui era solito rispondere: “benissimo!”. Alla stessa domanda non osiamo pensare quale sarebbe, ora, la sua risposta.