Fra Matteo Curina e fra Stefano Paolo Gennari – pesaresi generati alla fede nella nostra diocesi, ma approdati successivamente nella comunità dei Frati Minori Francescani della Provincia dell’Umbria, dove sono stati accompagnati nel cammino di discernimento vocazionale e di formazione – hanno ricevuto, sabato 11 novembre in Cattedrale, l’ordine del diaconato per l’imposizione delle mani del loro vescovo mons. Piero Coccia.
Semplicità. Il mistero di sapienza che è il Cristo non sfiorisce ha detto l’arcivescovo commentando la liturgia del giorno. “Voi, Matteo e Stefano, l’avete cercato e incontrato ed esso ha riempito il vostro cuore, ha dato risposta alle tante domande della vostra esistenza, vi ha donato il senso della bellezza, della pienezza e della gioia.” Questa gioia, insieme alla semplicità propria del carisma francescano, si è avvertita chiaramente anche nella gratitudine espressa dai due diaconi verso tutti: le famiglie, per averli amati e cresciuti nella fede e per aver insegnato loro a vivere; l’A.G.E.S.C.I., primo luogo della loro vocazione; le parrocchie, che con le catechesi, gli incontri, i momenti di preghiera hanno permesso loro di maturare; la Chiesa tutta di Pesaro, che, dopo averli generati alla fede, custoditi e accompagnati nel discernimento vocazionale, li ha lasciati partire per una nuova realtà”. “E’ bello essere stati qui” hanno detto. “Non ci scorderemo di questa Chiesa, del suo Vescovo, dei suoi figli e avremo sempre il desiderio di pregare per loro”.
Gratitudine. Questa gratitudine, così spontanea e sincera, è risuonata come un forte richiamo per tutti noi, che a volte smarriamo l’origine della nostra fede, ci appigliamo ai difetti, ai problemi, alle difficoltà delle nostre comunità ecclesiali e non ci accorgiamo del grande dono che esse sono. È risuonata come un invito a distogliere lo sguardo da noi stessi per indirizzarlo verso il Signore Risorto, che vive in questa Chiesa e continua a servirsi anche dei limiti umani per comunicare se stesso e chiamare i giovani. Lo ha ben chiarito l’Arcivescovo: L’esperienza ci dice che tutti abbiamo bisogno di risorgere, non solo nell’ultimo giorno, ma fin dai giorni della nostra esistenza terrena, dove ci imbattiamo in tante forme di morte, oltre a quella fisica. Come consacrati e come diaconi, voi siete chiamati a guardare non ai limiti, ma piuttosto al potere illimitato della resurrezione, perché alla luce del Risorto, come Papa Francesco ci ricorda, ‘nessun male è infinito, nessuna notte è senza termine, nessun uomo è definitivamente sbagliato, nessun odio è invincibile dall’amore’. Siate perciò raggi di sole, chiamati a far luce nel cuore della storia, quella che vi è data da vivere”. Con lo sguardo rivolto al Cristo Risorto, ha proseguito mons. Coccia, potrete andare verso i fratelli non per un generico altruismo, sempre provvisorio e limitato, ma con la speranza, la tenacia e la vigilanza di chi guarda le tristezze, le delusioni, le malattie, i soprusi e perfino la morte dal versante giusto: quello del “terzo giorno”. La comunità diocesana si unisce all’arcivescovo nell’invocare, per il cammino di fra Matteo e fra Stefano verso il sacerdozio, “quel senno e discernimento” tanto cari a San Francesco.