AFFETTO DA AUTISMO OGGI COMUNICA GRAZIE AL COMPUTER E SOGNA DI FARE IL PRETE
Stefano dopo 11 anni ritrova la parola
Stefano Solferini, classe 1996. Di lui avevamo parlato esattamente un anno fa in occasione della giornata dal titolo “La Chiesa per la scuola” a Roma con Papa Francesco. Allora avevamo pubblicato la sua foto in prima pagina. Già, perché questo studente della 4^ G del liceo scientifico “G. Marconi” di Pesaro, affetto da una importante forma di autismo, era stato notato dal Pontefice ed invitato a salire sul palco. Di lì la foto tenerissima che lo ritrae abbracciato a Papa Francesco.
«Quel giorno – ricorda mamma Giancarla e babbo Michele – eravamo davanti alla TV e non potevo crederci. Il Papa stava parlando a mio figlio». Ma cosa gli abbia detto resta ad oggi un segreto.
La storia di Stefano è tutta un mistero sorprendente. All’età di soli tre anni, dopo una crescita regolare e le decine di paroline già dette, Stefano inizia ad isolarsi sempre più. Non risponde più alle sollecitazioni verbali dei genitori e pian piano anche il corpo inizia ad irrigidirsi fino a perdere il normale coordinamento. Sono anni di angoscia per i genitori del piccolo Stefano costretti ad accettare la diagnosi di autismo. Stefano da allora non parlerà mai più. Nonostante tutto inizia a frequentare la scuola anche se il suo apprendimento rimane un’incognita. Passano gli anni e tutto sembra rimanere chiuso in un mondo impenetrabile finché all’inizio della terza media mamma Giancarla riceve una telefonata da scuola. “L’insegnante mi ha convocata d’urgenza – ricorda con emozione – dicendomi che Stefano comunicava tramite la tastiera del computer. Non potevo crederci quando ho visto le dita di mio figlio battere sulla tastiera per comporre le risposte alle mie domande. Ho passato mesi a far domande a Stefano. Lui scriveva ed io piangevo”.
È il metodo della cosiddetta comunicazione facilitata che purtroppo ancora in molti continuano a non considerare. In pratica basta che una persona di fiducia del soggetto disabile appoggi la mano sulla spalla e questi inizia a digitare. E vedere Stefano scrivere qui in redazione è stata un’autentica emozione nonostante – lo ammettiamo – il nostro scetticismo iniziale. I suoi pensieri corrono veloci sulla sua inseparabile tastiera che mamma Giancarla porta sempre con sé. Le dita di Stefano sfrecciano senza neppure guardare i tasti mentre il suo sguardo “sembra” staccato dalla realtà. Composta la parola passa al tasto spazio fino a che la frase non è compiuta. È così che nascono anche i suoi splendidi temi in classe (ne pubblichiamo uno in pagina).
Le risposte sono sorprendenti. Stefano dimostra una profondità d’animo incredibile unita ad un’innata autoironia. Per lui gli anni al liceo scientifico di Pesaro segnano dei progressi esponenziali. Stefano risulta bravissimo nelle materie letterarie «ma la matematica la fisica – dice con ironia – proprio non mi piacciono». A scuola è ormai il compagno speciale di tutti ed amico essenziale per amalgamare il gruppo.
Nelle sue giornate non c’è però solo la scuola ma anche l’oratorio e gli amici dell’associazione “Insieme” con i quali gioca a basket. Durante la S. Messa nella parrocchia di S. Veneranda sorprende tutti con le sue intenzioni di preghiera. È inoltre fedele al gruppo di preghiera della Coroncina della Divina Misericordia con i quali si vede puntuale ogni venerdì alle ore 15.
Dal maggio scorso il pensiero di Stefano va spesso a Papa Francesco e al suo sogno nel cassetto: fare il prete. «Ma dai? Fai sul serio o scherzi»? Gli domandano un po’ tutti. «Sono serio ma temo che dovrò cercare un’altra strada perché … mi piacciono troppo le ragazze».
Roberto Mazzoli
Viaggiare
Forse può sembrare facile pensare ad una gita ma per me non e stato cosi scontato viaggiare da fondo a tormenti insiti dentro di me mi realizza come persona cosa che altrimenti non potrei arrivare con le mie sole forze. Viaggiare mi allontana dal mio rifugio domestico che come una bolla mi protegge da tutto e da tutti. Ho avuto paura quando mi sono trovato lontano da casa perche la mia famiglia non c’era ed io mi sono mostrato come essere fragile. Vivere in una condizione di dipendenza provoca in me impotenza e frustrazione quindi quando parto voglio provare miraggi di una vita più insicura ma più vera.
La vita non mi permette di evadere dalla posizione in cui mi trovo quindi poter rompere gli schemi quotidiani che mi ancorano allo scoglio del mio essere ragazzo speciale allora il viaggio costituisce per me un momento di vita nuova. Voler provare momenti di effimera indipendenza mi liberano urlando tormenti costanti di desideri chiusi in fondo a me. Questo viaggio quindi ha contribuito ad arricchire il mio misero bagaglio di esperienze mi ha si allontanato dalla sicura routine ma ringrazio coloro che mi hanno accompagnato in questo cammino perche ho visto e provato cose finalmente diverse.
Stefano Solferini – IV G – Liceo “Marconi” di Pesaro