Fano
di Redazione
L’emergenza sanitaria ha portato anche a un nuovo modo di ripensare alla catechesi, riflessione che era già in atto anche prima del Covid-19. “Siamo in un tempo di perenne riforma, i tempi e le modalità stanno cambiando. C’è tanta sperimentazione. Se ci chiediamo oggi la catechesi come deve essere pensata dovremmo guardare – ha sottolineato don Matteo Pucci direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano – al catecumenato degli adulti come modello ispiratore”. Don Matteo si è poi soffermato proprio sull’ispirazione catecumenale della catechesi e sui suoi punti fondamentali fra i quali una catechesi che non può ridursi a pura dottrina, ma una catechesi esperienziale, che deve tenere conto di ciò che viene prima e dopo, che tenga in considerazione il più possibile la libertà del soggetto e della famiglia di aderire alla fede cristiana”.
Un focus anche sul catechismo via social. “La dimensione social non può essere d’ora in poi dimenticata, ma non può nemmeno essere la via primaria, ma deve essere vissuta in maniera integrata con la catechesi esperienziale, in presenza, stando insieme. I mezzi di comunicazione diventano un ‘appoggio’ fondamentale per tante attività, ma dobbiamo stare attenti a non fare una Chiesa che si dimentichi della concretezza, della relazione, dell’esperienza”.
Che fase si aprirà, ora, per la Chiesa? “Per la comunità cristiana, questa fase significa convivere con un nuovo ‘ospite’ che ci impone un nuovo modo, innanzitutto, di pensare e poi passare dal pensare al mettere in pratica. Questa nuova situazione ci richiama fortemente alla nostra fragilità. Nel passato si è perso il linguaggio della salvezza. Oggi, quando ci si sente in pericolo e si avverte la paura, si può, come Chiesa, essere quella barca che ha l’ancora di salvezza in Cristo e quindi riscoprire come abbiamo bisogno di un Dio che ci salva dai tanti timori che abbiamo nei nostri cuori”.