Lo stupore è stato il tema centrale del Quinto Quaresimale guidato dal Vescovo Armando. Ancora una volta, come in tutti i Quaresimali, centrale l’incontro di Gesù con la samaritana.
“Nell’andare in città a chiamare la gente, la donna lasciò la brocca. Possiamo vedere in questo gesto un simbolo di quello che accade a coloro che hanno ricevuto la grazia di assaporare per qualche momento la dolcezza dell’amore divino. Quella brocca era il mezzo che lei usava per attingere acqua, può quindi rappresentare tutti i mezzi che noi utilizziamo per andare in cerca della felicità umana, ma quando si è gustato un po’ quanto è buono il Signore (Sal 33,9), non sentiamo più la necessità di dissetarci con i beni di questo mondo, sapendo per esperienza quanto è migliore l’acqua che Gesù ci dona, ed allora abbandoniamo quei mezzi con cui attingevamo ciò che ci era necessario per vivere, e il nostro cuore comincia ad orientarsi verso i beni eterni. Prendere il distacco dal mio passato e faccio crescere il desiderio di Lui. Come S. Agostino poter dire: “Che io ti conosca, Signore, e più conoscerò te, più conoscerò me, e conoscerò me nella misura in cui conoscerò te”. L’anfora dimenticata – ha proseguito il Vescovo – è perché non ha più bisogno dell’acqua del pozzo, ma ha bisogno dell’acqua del vero pozzo che è Cristo, l’acqua che disseta per la vita eterna. Lascia la tua brocca, cambia vita, perché hai trovato colui che ti ha detto con tanto amore tutto quello che hai fatto”.
Dialogo. Il Vescovo si è, poi, soffermato sul dialogo fra Gesù e la samaritana, un dialogo fatto di sette domande e sette risposte. “La caratteristica del dialogo sta nel fatto che Gesù continua ad innalzare il livello del discorso, portandolo al di là, oltre la domanda della samaritana. Gesù infatti non risponde mai a tono alla donna, sollecitandola così ad andare al di là delle sue stesse domande. Egli porta la donna a interrogarsi, a entrare nel vivo di ciò che vive e che per lei è un problema, a chiamare per nome le sue delusioni, le amarezze, i desideri della sua esistenza. Il dialogo si innalza sempre più e, giunto quasi all’apice, la samaritana pare volersi sottrarre, rimandando a quel Messia che dovrebbe venire, la spiegazione autentica della verità, quasi a dire: finiamo questo discorso e se un giorno questo Messia verrà, vedremo”.
Attualizzazione. Cosa dice a noi questo testo evangelico? “La samaritana – ha sottolineato il Vescovo -è figura di ognuno di noi: quando ci rassegniamo a una vita quotidiana scialba sempre identica a se stessa; quando ci accontentiamo della nostra fatica di attingere acqua dal pozzo per una giornata e basta; quando ci infastidiamo di richieste che ci scomodano. Proprio in questo momento il Signore viene; ci porta oltre la nostra quotidianità e la nostra banalità e ci fa capire che l’altro, qualsiasi altro, non è un intruso, ma rappresenta un invito ad andare oltre noi stessi, a trovare il meglio di noi.
La storia della samaritana è la storia di un desiderio che non si lascia soddisfare da oggetti, di un vuoto che non si lascia riempire da alcuna lusinga, materiale, affettiva, spirituale che sia… E’ una sete che non può essere soddisfatta da nessuna acqua, ma solo dalla Sorgente che richiama una simile sete, cioè la realtà stessa che suscita nella persona umana un tale desiderio, produce una mancanza simile, un’apertura o una capacità infinita che solo l’Infinito può colmare”.