È iniziato sabato 10 febbraio, nella sala Michele, un percorso che ha come obiettivo il rimettere al centro della nostra cultura il “prendersi cura” dell’altro. Promosso dall’Associazione-Consultorio la Famiglia, dall’Associazione Amici di Agostino e Angelamaria con l’adesione di Apito in compartecipazione con l’Ambito Territoriale e Sociale n. 6 e con i comuni che ne fanno parte, il percorso è stato presentato dalla dottoressa Cristiana Santini, responsabile dell’èquipe del Consultorio la Famiglia.
Prendersi cura. Si è subito messo in luce come curarsi di qualcuno, essendo un verbo riflessivo, si riflette anche su colui che cura, trasformando tutte le persone coinvolte in soggetti attivi. Riccardo Borini, responsabile dell’Ambito Sociale e Territoriale 6, ha esteso il concetto di cura a tutte le dimensioni del vivere, sottolineando che “una città sicura è una città che si-cura”. Ha preso poi la parola Monia Andreani, ricercatrice di Filosofia politica e docente di Teorie di diritti umani dell’Università per Stranieri di Perugia, che si è trovata non a dialogare come era previsto con la dottoressa Mortari (non presente a causa di una improvvisa e importante influenza) ma a sostituirla nel presentare il suo libro sulla filosofia della cura.Quanto è emerso dall’intervento della professoressa Andreani è che tutte queste parole per descrivere l’uomo sono correlate con un fatto positivo: non siamo soli! Siamo per costituzione aperti alla relazione e la cura si realizza proprio perché siamo condizionati ad agire nella realtà, siamo interdipendenti, in quanto esseri umani. Nel bene la nostra vita è segnata dalla cura. Emerge chiara davanti a questo tempo segnato dall’individualismo e dalla “colonizzazione dell’indifferenza” che sta a noi cittadini prenderci cura dell’altro. E così anche delle istituzioni: pungolarle se occorre affinché facciano del “bene pubblico” e mettano realmente il bene comune prima di tutto.
Relazione. Nella relazione di cura entra in gioco anche la sfera emotiva, le virtù, la vita etica, la devozione per gli altri e per la cura stessa. La bellezza della pratica dell’aver cura risiede nel credere nella propria professione.Servono operatori entusiasti del loro lavoro, che non guardino solo l’orologio e nel colore della pelle dell’altro i metro del loro servizio! Davanti a un foglio e a una scheda da compilare, come davanti a un ragazzo o a un malato, in quell’attimo in cui si dona del “tempo autentico” all’altro, si realizza la cura.Aspettiamo tutti al nostro prossimo passo che sarà a Pergola, presso la sala san Rocco, sabato 17 marzo, alle ore 15,30. Il dott Carlo Brunori, direttore dell’Hospice “Il Giardino del duca“ di Fossombrone, coordinatore Regionale della Società Italiana Cure Palliative, ci presenterà il libro«Oscar e la dama rosa» con il desiderio di condividere racconti su come offrire assistenza alle persone che non possono guarire. Ma hanno diritto a essere curate.