Nella sua laboriosa esistenza ha fatto l’insegnante, l’assessore provinciale, il consigliere regionale, il presidente della Regione Marche e lo scrittore facendo rivivere interessanti aspetti della civiltà contadina.
Un incontro sulla figura e l’opera di Dino Tiberi, contadino, maestro, politico, genitore, scrittore, dirigente: magister in ogni settore del suo impegno quotidiano, è stato promosso da Andrea Pazzaglia della Pro Loco di Pieve di Cagna e dal Rotary club di Urbino di Tiziano Busca.
Le origini. Figlio unico di un piccolo possidente, a Ca’ Giudeo, dalla tenera età compartecipa alle necessità del lavoro dei campi, sostenuto dalla forza e dalle virtù morali, apprese nelle chiese locali di san Giovanni Battista e Sant’Apollinare in Girfalco. Lavoro, fede e onestà, saranno i requisiti costanti del suo operare, trasmesse in famiglia (testimoniate dai figli Pierpaolo e Anna Laura) e nelle Scuole del Montefeltro in cui insegnò come maestro. E poi nella politica. Dopo l’8 Settembre 1943 non rispose alla chiamata di Leva del fascismo. Ricercato dai nazi-fascisti, ne raccontò le peripezie drammatiche nei suoi libri. Si iscrive nel 1945 alla Democrazia cristiana e con quel partito diventa protagonista della vita politica marchigiana in Comune, in Provincia e nella Regione Marche e, come Presidente di Giunta con l’Assessore Valerio Volpini (chiamato da Paolo VI a dirigere l’Osservatore Romano), si dimostra ecologista ante-litteram per il censimento delle querce, patrimonio del bosco ceduo delle Marche.
Il lavoro. Dove Tiberi si trova ad operare nasce l’eccellenza, frutto dell’equilibrio e del rispetto dei consiglieri. Come Presidente dell’Istituto Cappellini. Presidente della Società sportiva calcio. Presidente degli “Amici del Cuore”, democristiano in perfetta sintonia col cardiologo comunista Giuliano Gheller. Non dimenticando la primaria vocazione di maestro: l’8 giugno 1994 le classi terza e quarta delle elementari di Peglio, lo chiamano a valutare la ricerca degli alunni sulla vita quotidiana nel paese. E’ annoverato tra gli Amici Saggi. Nella lettera di accettazione inviata alla maestra Fausta Fratesi, scrive che è una ricerca di grande significato “per chi, come noi, sa fare proprio il concetto di cultura come esperienza vissuta o come memoria vera di un tempo che pur ci appartiene e che resta un punto di confronto nel processo formativo, divenendo stimolo per i valori da preservare e per i limiti da rimuovere”. I libri. I brani di pagine del “Ranco” e altri libri, letti magistralmente da Dante Simonetti del “Cesare Questa” e le testimonianze di Innocenzo Aliventi, Rodolfo Giampaoli, coordinate da Tiziano Mancini premiano l’iniziativa degli organizzatori. Non si possono concludere queste righe senza citare almeno alcune delle sue opere. Oltre al Ranco – “termine usto dal contadino – scrive Tiberi – per indicare il pesante lavoro di scasso con il quale, si tendeva a sottrarre terreno da coltivare alle fitte distese boschive” -, ricchissimo di memorie famigliari e sociali, è bene ricordare “da Bado”, come veniva chiamato il titolare del mulino cui facevano riferimento gli agricoltori della zona, e il successivo “Il sillabario di Bado”, libri inzuppati di antica saggezza contadina.