È una tradizione durantina molto attesa e partecipata, quella di eseguire il brano a conclusione della Novena nella vigilia della solennità del Patrono, musicato nel 1904 dal canonico urbaniese don Giuseppe Fini.
Il 20 luglio 1904 il nuovo maestro di cappella della cattedrale di Urbania, il canonico don Giuseppe Fini, firmava il suo “Responsorio di S. Cristoforo M.”, un brano per coro a 3 voci pari, 3 solisti ed organo. Oggi è popolarmente conosciuto come inno, ma il titolo originale è appunto responsorio: il termine corrisponde ad una forma musicale del repertorio gregoriano. Il giovane maestro si era diplomato l’anno prima (1903) al liceo musicale “Rossini” di Pesaro in organo e musica sacra ed al termine degli studi i suoi confratelli canonici l’avevano immediatamente nominato maestro di cappella della cattedrale, carica vacante da alcuni anni.
La storia del Responsorio. Nella cattedrale di Urbania era già utilizzato da secoli un testo devozionale il cui incipit recita “Si quæris admiranda et Christi athletæ opem”: questo componimento poetico scaturì forse dalla penna del canonico urbaniese Claudio Boscarini come ex voto per lo scampato pericolo in occasione del disastroso terremoto della Pentecoste nell’anno 1781, ed in effetti, tra le virtù tradizionalmente attribuite al Santo e che vengono elencate nel testo, si dice anche motus et terræ sistit, ossia che per sua intercessione i terremoti si arrestano. Don Giuseppe Fini compose il suo nuovo responsorio su questo testo, ma non fu il primo maestro di cappella della cattedrale urbaniese a musicarlo. Prima di lui, durante l’800, già l’urbinate Filippo Tommasoli e l’urbaniese Gaetano Cozzi avevano provveduto a comporre le loro versioni. Si trattava però di brani tipicamente ottocenteschi, di chiara ed ostentata ispirazione operistica, che nel 1903 venne definitivamente bandito da un importante motu proprio del papa Pio X che aveva per oggetto proprio la musica sacra. Da queste nuove regolamentazioni scaturì lo stile che noi oggi chiamiamo ceciliano, del quale allora i più importanti seguaci furono Perosi, Refice, Casimiri, e l’insegnante del nostro don Giuseppe Fini al liceo di Pesaro, Antonio Cicognani.
Novità musicale. Ovvio dunque che il brano appena composto dal nostro ventiseienne maestro dovesse di fatto andare a sostituire gli inni composti ed eseguiti in precedenza. Non sappiamo con esattezza a quando risalga la prima esecuzione del responsorio di Fini, né quando questo divenne l’unico inno ufficiale accantonando i precedenti, tuttavia è ragionevole supporre che già dal 1904 il nuovo brano venisse accostato ai precedenti, in una pacifica coesistenza mirata ad accontentare sia i paladini del movimento ceciliano, sia i reazionari ottocenteschi (d’altra parte, sulla partitura di una versione di Cozzi ci sono indicazioni esecutive redatte a matita dallo stesso Fini).
Ricostruzione filologica. Della partitura manoscritta originale del brano, che già nella prima metà del ‘900 veniva ritenuta un prezioso cimelio a rischio di logoramento, vennero redatte più e più copie d’uso: tuttavia queste operazioni di copiatura generarono errori e mistificazioni poi man mano stabilizzatisi nella prassi esecutiva tramandata tra le varie generazioni di cantori. Ciò constatato, nel 2013 si è operata un’attenta operazione di restituzione filologica della fonte manoscritta, riportando così il responsorio alla sua veste originaria. L’augurio che ci facciamo è che il nostro Responsorio, che il prossimo 2024 compirà 120 anni, possa continuare ad essere eseguito sempre ed al meglio delle possibilità imposte dai tempi.