L’EDITORIALE
DI PAOLO MARCHIONNI*
In occasione del terzo anniversario della sua salita al cielo, vogliamo ricordare il card. Elio Sgreccia nel territorio dove è fiorita e maturata la sua vocazione al sacerdozio e dove ha mosso i primi passi come educatore e studioso. E se non può essere dimenticato il suo contributo fondamentale come vero e proprio “fondatore” della bioetica personalista, è necessario comprendere il suo insegnamento e la sua passione per la pastorale che, con felice intuizione mediata e condivisa profondamente con san Giovanni Paolo II, aveva denominato “pastorale della vita”. L’eredità che ha consegnato a noi, suoi allievi ed amici, è quella di coniugare infatti le riflessioni bioetiche, stimolate sia dalle innovazioni tecnologiche applicate alla medicina ed alla biologia sia dalla evoluzione del pensiero, e le loro applicazioni in ambito pastorale. Uno stimolo forte alle nostre comunità ecclesiali per rinnovare l’impegno a favore della vita, della famiglia, della solidarietà ai più fragili ed ai più deboli. Ci sono aree di riflessione ed azione pastorale che per troppo tempo abbiamo trascurato, se non addirittura abbandonato, per il timore di un confronto che – certamente – talvolta è stato aspro ed ha creato barriere e divisioni. Non solo: qualche volta abbiamo anche “annacquato” il pensiero espresso dal Magistero per supposte ragioni di progresso e di modernità, probabilmente perdendo la sfida con il mondo laico, che spesso ha avversato il pensiero cattolico, pur ammirandone la coerenza e la profondità del messaggio anche sul piano culturale. L’invito di Sgreccia, che si è concretizzato in particolare nell’ultimo decennio della sua vita terrena, è stato quello di operare per una pastorale concreta che superasse l’idea della pastorale sviluppata per età: se volessimo sintetizzare al massimo, potremmo dire che ha cercato di proporre il superamento di una “pastorale dei settori” (bambini, ragazzi, adulti, anziani) in favore di una “pastorale dei valori”, primo fra tutti il valore della vita!
Tra le tante iniziative che hanno visto la luce grazie alla sua visione ed al suo “sogno” vi è la Associazione Donum vitae, che “don Elio” fondò insieme ad un gruppo di giovani medici del Policlinico Gemelli di Roma, e che si è incardinata nel 2006 come associazione di fedeli nella Diocesi di Roma. È una piccola Associazione, attualmente presente – oltreché a Roma – a Verona e a San Giovanni Rotondo, che vuole appunto coniugare la riflessione bioetica con l’impegno per una pastorale della vita, secondo l’insegnamento contenuto nella grande enciclica Evangelium vitae, di san Giovanni Paolo II. Le sfide pastorali che sono tuttora presenti riguardano – in questo scorcio di tempo – soprattutto la tutela della fragilità nella malattia, anche attraverso l’accompagnamento verso una morte dignitosa, senza derive eutanasiche né scorciatoie suicidiarie (contrariamente a quanto si sta profilando sul fronte legislativo), ma al tempo stesso l’aiuto alla gravidanza indesiderata e difficile, che rimane una sfida sempre attuale, in una visione di accoglienza nei confronti della donna che si trovi sola e combattuta nella difficile scelta. Le nostre comunità devono essere sempre di più segno di speranza – lo ha ricordato dalle colonne di questo giornale l’arcivescovo metropolita Sandro – ricordando che “Le comunità cristiana e civile si adoperino sempre più nel recare consolazione, cura, prossimità, speranza affinché nessuno si senta solo. … è necessario incrementare spazi di dialogo. … Ogni vita umana ha un senso”.
* Vicepresidente nazionale “Scienza&Vita”