Intervista – A CURA DI ROBERTO MAZZOLI
È deceduto poche ore dopo la sedazione profonda avviata lo scorso 13 giugno in seguito alla revoca del consenso alla nutrizione e alla idratazione artificiali. Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano (Pesaro-Urbino), era immobilizzato da 18 anni a letto a causa di una tetraparesi. Nei mesi scorsi tramite l’associazione “Luca Coscioni”, che patrocinava il suo caso, aveva richiesto all’Azienda sanitaria regionale (Asur) delle Marche di poter accedere alla «morte medicalmente assistita». Tuttavia, in assenza di una legge nazionale dai contorni certi, la sua domanda era stata respinta. Sulla vicenda interviene oggi monsignor Giovanni Tani, arcivescovo di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, che nei giorni scorsi ha telefonato alla madre di Fabio per esprimere vicinanza e affetto.
Monsignor Tani, cosa ne pensa della vicenda di Fabio?
Si tratta di una situazione umana molto dura e dolorosa. Fabio è stato chiamato ad una prova di vita estremamente difficile. La Chiesa crede che la vita sia un dono di Dio e che nessuno di noi possa prendersi il diritto di togliersi questo dono. Però di fronte alle situazioni concrete ci deve anche essere uno spazio di riflessione, di mistero e di rispetto. Per cui occorre fare un passo indietro e da parte mia, pur ribadendo una precisa visione della vita, ritengo che sia necessaria la preghiera da fare con insistenza, anche perché il Signore, proprio in questi momenti è presente: non è assente, non si ritira ma rimane accanto a chi soffre.
Qual è la sua posizione sul tema dell’autodeterminazione e della libertà?
Mettere insieme il mistero della libertà di Dio e il mistero della libertà dell’uomo in queste circostanze ci impegna in una riflessione approfondita e in una preghiera rispettosa. Certamente il discorso della misericordia di Dio e del mistero della morte e resurrezione devono essere richiamati anche in questa circostanza affinché sia affidato tutto al Signore perché solo lui può accogliere fino in fondo questa situazione.
Lei ha voluto anche telefonare alla mamma di Fabio.
La mia è stata una telefonata di vicinanza a mamma Cecilia. Ho sentito una donna molto provata per tutti questi anni di sofferenza. Mi ha detto che suo figlio non è mai stato lasciato solo un momento anche se la vicinanza è stata soltanto nell’ambito familiare perché Fabio non ha voluto accogliere altre persone e anche questo è un segnale di una difficoltà e di una sofferenza. Le ho detto che avrei pregato per questa situazione e avrei affidato Fabio al Signore affinché fosse lui a tenerlo per mano. Da tempo come comunità cristiana ci siamo resi presenti con la famiglia Ridolfi grazie ad alcune persone e laici ma anche attraverso il suo parroco. La famiglia ha chiesto che fosse celebrato il funerale nella chiesa parrocchiale di Fermignano. La raccomandazione e l’invito mio e del parroco è che questo momento non diventi un’occasione per manifestare idee e ideologie che siano diverse da un clima di preghiera per Fabio e di vicinanza ai suoi cari.
Sarebbe auspicabile che lo Stato intervenisse con maggior chiarezza sul fine vita?
Sono convinto che sarebbe necessaria una legge giusta, che richiede un’attenta riflessione sui risvolti etici di una materia così delicata.