Nell’ultimo libro di Giorgio Guidelli rivive la questione Sudtirolase che non fu terrorismo
Libri. È in libreria da pochi giorni, per i tipi de “Il Ponte Vecchio”, l’ultima fatica editoriale del giornalista e scrittore pesarese Giorgio Guidelli dal titolo “La guerra è finita”. Il sottotitolo del libro è quantomai significativo: “La questione sudtirolese: il Vietnam italiano”.
De Gregori. Un saggio travestito da romanzo, come lo definisce l’autore che fa rivivere pagine di una storia quasi sbiadita dal tempo attraverso la vicenda di Giovanni e Karl: un carabiniere marchigiano e un aspirante postino appena rientrato in Val Venosta dall’Austria. I due si trovano una terra “militarizzata” e attraversata da colonne di mezzi delle forze armate italiane, impegnate a fronteggiare i separatisti sudtirolesi. Il “Vietnam italiano” si chiuse con una serie di diritti riconosciuti al Sudtirol e con il ritiro delle truppe italiane. Fu la fine di una vera e propria guerra, la stessa che Francesco De Gregori ha reso celebre nel brano “Generale” scritto nel 1978, e riferito al servizio militare che lo stesso cantautore prestò presso il Btg. Alpini “Tirano” di Malles Venosta in Trentino Alto Adige.
Memoria. Una guerra troppo spesso liquidata come terrorismo. «Invece – spiega Guidelli – la questione sudtirolese fu vera e propria guerra causata dagli errori tracciati da chi pretese di scrivere la storia. Una guerra non dichiarata, ma acuta e rischiosissima, proprio perché nel cuore d’Europa e, ai tempi, in un ipotizzabile corridoio di transito per le armate del Patto di Varsavia». Una guerra combattuta tra foreste, malghe e sentieri e persino strumentalizzata da certi ambienti dei Servizi segreti italiani, ma anche dall’Austria. «E ai tempi ce n’erano i motivi – prosegue Guidelli – infatti negli anni Sessanta la pentola dei blocchi atlantici e sovietici covava sul fuoco. Il Sudtirol inquieto andava sorvegliato a vista, perché c’era un conflitto in corso. Quel conflitto, anche a guerra finita, doveva continuare ad essere spiato e tenuto d’occhio, inviando ancora truppe ai confini, al Brennero». E come tutte le guerre anche questa causò morti, da una parte e dall’altra. «Oggi il Sudtirol non dimentica, ma l’Italia sì, lasciando nell’oblìo i suoi stessi caduti – spiega l’autore – e così mentre in Sudtirol i ragazzi crescono con la consapevolezza di cosa sia stata la guerra in montagna, in Italia si insegna quella guerra chiamandola terrorismo, senza accennarne nulla sui libri di scuola o distrattamente parlandone solo davanti a un cartello bilingue, magari durante una vacanza su quelle montagne».
Ucraina. Il saggio di Guidelli ha dunque anche il merito di recuperare pagine di storia fondamentali della nostra Repubblica, per non lasciare che gli errori restino senza un perché. Specie in un momento in cui l’Europa torna a tremare per la devastante guerra in Ucraina. «Da una guerra civile non dichiarata a una guerra dichiarata. Dal separatismo alla separazione non consensuale. Questo il salto tra la questione sudtirolese e il conflitto ucraino». E non a caso il libro si conclude con l’appello d’una vedova dell’allora lotta per l’indipendenza tra i tedeschi del Sudtirolo e lo Stato italiano, Oretta Giammattei, che nel giugno ’67 perse suo marito, il capitano Francesco Gentile, classe ’30, comandante della Compagnia Speciale Antiterrorismo del “Reparto Speciale di Rinforzo per l’Alto Adige”, illustre vittima della strage di Cima Vallona. Oretta, fanese quasi novantenne, vide sparire i suoi sogni su una mina che si portò via il corpo del marito, vittima d’una guerra civile non dichiarata. «Era l’Italia del boom, ma di boom, allora – dice Guidelli – in quello spicchio di terra che a Versailles nel 1918 fu assegnato ai piagnucolanti statisti italiani come “contentino”, c’erano solo le bombe degli indipendentisti sudtirolesi».
Valigia. Per Guidelli la voglia di indagare questo periodo storico nasce dalle sue lunghe permanenze in Vinschgau. Un atto spontaneo. «Come quando – conclude nella postfazione del libro – in una sera non troppo stellata del 2019, sul ponticello che attraversa l’Adige, a Laatsch, vidi appesa una valigia vermiglia che ricordava l’anniversario dell’Opzione. Troppo comodo far finta di non vedere e passare dritto».
A CURA DI ROBERTO MAZZOLI
Giorgio Guidelli
Giornalista investigativo, cronista di nera e giudiziaria e storico, vive a Pesaro. Sin da giovanissimo lavora per i quotidiani del gruppo editoriale Monrif («Quotidiano Nazionale», «il Resto del Carlino», «La Nazione», «Il Giorno»). Da oltre un ventennio si occupa di Anni di piombo e terrorismo internazionale, sui quali ha già scritto numerosi e fortunati saggi. Singolari e inediti i suoi volumi: inchiesta sugli accordi tra Servizi segreti italiani e palestinesi (Lodo Palestinese) oltre alla riscoperta, nel 2007, della Renault 4 in cui fu trovato il cadavere di Aldo Moro. Ha collaborato con la Rai ed emittenti europee, realizzando documentari e servizi sull’eversione. Alpinista e appassionato scialpinista, sulla montagna ha pubblicato guide e monografie oltre ad importanti articoli su riviste specializzate. In questo libro affronta un tema poco conosciuto e assai trascurato dall’editoria italiana, ma già affrontato in alcuni suoi reportage per il «Qn» di Bologna.