Tra il dopoguerra e la stagione del boom economico città e campagna vivevano in simbiosi. Nelle giornate festive, in particolare, si registrava spesso uno scambio dei ruoli: il cittadino si recava in campagna per mantenere il contatto con la natura, mentre l’uomo di campagna si spingeva in città alla ricerca di una nuova “cultura” del vivere quotidiano. Ad Urbino questo interscambio risultava più evidente nel giorno di Pasquetta quando, dopo la Resurrezione del Cristo, il contado, legato alle devozioni tradizionali, si riversava in gran numero a visitare le grotte del duomo per ricevere, al termine del giro penitenziale, le indulgenze per i vivi ed i morti come da concessione di papa Sisto IV. Da piazza Duca Federico si scendeva lentamente e in silenzio la lunga scalinata che porta nei sotterranei della cattedrale per poi girare in processione una cappella dietro l’altra, toccando ogni croce incontrata cui seguiva il segno della croce da parte dei visitatori.
Le cappelle da visitare erano quattro: tre dedicate alla Natività del Signore, al Santissimo Crocefisso ed alla Resurrezione, detta anche cappella della Pietà dove, alla fine del XVIII secolo, vi fu collocato il gruppo marmoreo raffigurante la “Pietà” di Giovanni Bandini. Il quarto ambiente, quello della cappella del sepolcro, si trovava al termine di un lungo corridoio, dove era stato costruito un finto Calvario in pietra spugnosa che, essendo scarsamente illuminato, creava spesso apprensione tra la gente. Il cunicolo si prestava anche a scherzi poco esilaranti. Approfittando appunto della semioscurità in quanto la zona era illuminata solo con candele, giovani burloni, al passaggio di belle ragazze o di gente goffa di campagna, spegnevano improvvisamente i ceri e, dal buio che seguiva, arrivavano urla strazianti. Ad accorrere in aiuto ai malcapitati era spesso il sagrestano addetto al “traffico”, Celso Pretelli, da tutti conosciuto con il nome di “Ciccio” per la sua corporatura robusta. L’escursione ad Urbino nel giorno di Pasquetta veniva preparata, dalla gente di campagna, nei minimi dettagli. La giornata si presentava, infatti, densa di appuntamenti per cui, per esaudire anche le richieste dello stomaco, si riempiva la “gluppa” , un grande fazzoletto i cui spigoli, annodati, formavano un contenitore nel quale venivano inseriti pane, salumi e formaggi e del vino. Spesso il ferma-stomaco avveniva al cinema che, negli anni Cinquanta, il lunedì di Pasqua era gratuito.
Di Piergiorgio Severini