Pesaro Unilit – Si è svolta presso la Sala Rossa del Comune la conversazione dal titolo “l’Arte tra impegno e provocazione” tenuta per il Centro Studi Filosofici dell’Unilit dalla professoressa Cecilia Casadei, critica d’arte, giornalista, già docente di Filosofia del Liceo Mamiani di Pesaro. Nel compiere un cammino nella Storia della Filosofia partendo dall’etica socratica ed aristotelica per arrivare a Kant, Hegel e Nietzsche, si individua una pluralità di codici etici relativi a tradizioni, convenzioni e culture diverse. D’altro lato, se si vuole raggiungere una serena convivenza che ci preservi da conflitti sempre possibili a più livelli fino all’azione estrema della guerra, è necessario individuare un’etica universale che poggi sulla nostra comune natura umana. In tale contesto si pone il quesito: è possibile individuare nell’arte un codice etico e morale che faccia riferimento ad un agire umano volto al raggiungimento del benessere e della felicità e al tempo stesso salvi quella libertà che è sancita dall’articolo 33 della Costituzione? Se l’arte è metafora della libertà, specchio del tempo e di ogni crisi sociale, tuttavia è inevitabile porsi la domanda se vi siano confini che nemmeno l’arte può superare. Una carrellata di dipinti famosi ci mette di fronte a opere del passato che se da un lato rischiavano di offendere il comune senso del pudore, dall’altro testimoniano una libertà del linguaggio artistico che oggi è rappresentata dai lavori di Damien Hirst, Gunter van Hagens o Jeff Koons, le performances di Marina Abramovic, per finire con la molto discussa installazione di Gino De Dominicis con il giovane Down come spettatore, esposta nel 1972 alla Biennale di Venezia. Quando l’arte si fa provocazione il rischio è di sovrastare il messaggio, come in certi prodotti di Cattelan, dai bambini fantoccio appesi al ramo ai cavalli imbalsamati, dalla scultura del Papa intitolata “La nona ora” al suo Hitler in ginocchio. Anche più sensazionali sono la rana crocifissa di Kippenberger e certe opere di Fabio Viale in marmo tatuato che suggeriscono l’incontro tra sacro e profano. Come afferma la relatrice, l’arte del presente sembra spesso misurarsi nei tempi effimeri del divertimento e in quelli del sistema finanziario anziché in quelli lunghi della natura e del cosmo, quando si carica di responsabilità fondandosi tra tecnologia e nuovo umanesimo per “riallacciare legami profondi, primigeni e ramificati con la memoria e con la natura”. Accade in opere come quelle, tra molte altre, dello scultore Roberto Giordani i cui titoli evocativi, “ Pesce spina”, “Corroso”, “Ocean plastic” denunciano il degrado ambientale e recano al tempo stesso un messaggio di speranza, il desiderio di salvare il mondo e le sue creature.
In conclusione, se l’uomo è misura di tutte le cose l’arte può essere la misura dello stato di una società, il cui punto focale, per citare Zygmunt Bauman, resta il senso della diversità. Solo così l’arte, come recita un antico detto africano “può aiutarci a permettere alla nostra anima di raggiungerci”.
DI MILENA MILAZZO