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      Home » Prima intervista al nuovo arcivescovo di Pesaro mons. Sandro Salvucci
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      Prima intervista al nuovo arcivescovo di Pesaro mons. Sandro Salvucci

      RedazioneDi Redazione18 Marzo 20223 commenti7 minuti di lettura
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      Non vorrei essere un vescovo “da scrivania” ma camminare insieme alla comunità

      La mia priorità è la gioia del Vangelo

      Sono stato ordinato sacerdote in un parcheggio per questo dico sempre che la mia cattedrale è il cielo e per questo mi sento prete per il mondo

       

      Intervista – A CURA DI ROBERTO MAZZOLI

       

      Don Sandro Salvucci, 57 anni, prete di Fermo, è stato scelto da Papa Francesco per guidare la Chiesa di Pesaro. Subentra a monsignor Piero Coccia che lascia per raggiunti limiti di età. Lo abbiamo intervistato per una breve presentazione e per riflettere su alcune tematiche legate alla sua prossima missione episcopale.

      Eccellenza, partiamo dall’ambiente familiare e sociale in cui è cresciuto…

      Le mie origini sono contadine e sono legate alla Valle del Chienti, tra Macerata e Corridonia. Ma se vogliamo essere ancora più precisi posso dire che la mia casa era ad un chilometro dall’abbazia di San Claudio dove ho ricevuto tutti i sacramenti: battesimo, comunione e cresima. Persino l’ordinazione sacerdotale è stata lì, ma nel parcheggio perché la chiesa è troppo piccola. Per questo dico sempre che la mia cattedrale è il cielo, senza tetto né mura, e per questo mi sento prete per il mondo. La mia fede è nata in famiglia, da mamma Maria Grazia e papà Filippo, deceduto otto anni fa. Durante il tempo libero in estate aiutavo anche nella coltivazione dei campi e questo mi ha insegnato ad adattarmi a tutte le situazioni. Ricordo che quando i miei genitori decisero di ampliare la casa mi coinvolsero nei lavori edili e poiché mi è sempre piaciuta la scienza e la tecnica, mi dedicai alla realizzazione dell’impianto elettrico. Ma devo la mia fede anche ai nonni materni: Maria e Primetto, che aveva fatto la guerra ed era fortemente antifascista. All’età di 5 anni ho perso mia sorella Nuccia, morta a soli 11 anni dopo una lunga malattia. Mia madre era spesso con lei all’ospedale pediatrico di Ancona. Ricordo bene di aver respirato la fede autentica proprio in questa circostanza. In seguito sono nati i miei fratelli Simone e Samuele.

      Com’è maturata la sua vocazione al sacerdozio?

      Oltre alla mia famiglia devo molto a tanti altri incontri come quello con il mio parroco don Benedetto Nocelli. Quando ero piccolo mi coinvolgeva nel servizio all’altare ma per timidezza mi nascondevo dietro alle colonne. Verso i 16 anni ho conosciuto dei coetanei del Movimento dei Focolari. Mi parlavano di un Vangelo vissuto nel concreto e mi si sono spalancati orizzonti nuovi. Poi alla fine del liceo scientifico il mio percorso culturale e di fede si sono intrecciati e, all’età di 21 anni, sono entrato in seminario perché il sacerdozio è una vita donata per amore.

      Quale apporto hanno dato al sacerdozio gli studi al “Collegio Capranica” e la specializzazione in teologia morale?

      Sono stati per me anni di formazione molto belli e intensi durante i quali ho potuto vivere sia la vita ecclesiale che quella civile legata alla politica, all’economia etc… Nello stesso tempo ho frequentato la Pontificia Università Gregoriana e sono debitore e grato ai gesuiti, in particolare ai miei insegnanti come Padre Sergio Bastianel. Ho potuto respirare la spiritualità ignaziana che mi ha aiutato a cercare Dio nascosto in ogni cosa e in ogni persona. E questo è il principio che mi guida ancora oggi.

      Quali cose fa fatica a lasciare e in quali spera che il Signore le dia il centuplo?

      In questi anni ho imparato una cosa molto semplice: a dire sì alla Chiesa che sento “Madre”. Negli ultimi giorni ho avvertito l’affetto di tante persone ma anche le lacrime per la mia partenza e si acuisce in me il dolore del distacco. Ma se il Signore permette qualcosa è sempre per una gioia più grande per tutti. Dal punto di vista caratteriale invece sono curioso e non mi tiro mai indietro dinnanzi alle nuove sfide perché ho fiducia e so che vale la pena. E poi ho la consapevolezza che non vado in una terra inesplorata perché a Pesaro c’è una storia e una vita ricca di fede.

      Quali sono le sue priorità pastorali?

      Non ho un piano pastorale ma vengo a Pesaro avvertendo l’urgenza di portare la gioia del Vangelo. Non vorrei essere un vescovo “da scrivania”. Vorrei entrare in punta di piedi, mettermi al fianco della comunità e accogliere tutti. Il primo anno vorrei dedicarmi all’ascolto. Vengo nella consapevolezza che la prima cosa che sono chiamato a cercare è la fraternità con i sacerdoti. Ma anche con i diaconi permanenti, una vocazione di cui ho grande stima. Sento poi il desiderio di inginocchiarmi davanti ai sacerdoti anziani per avere i loro consigli. Io non so fare il vescovo e quindi potrò diventarlo solo grazie alla scuola che mi verrà offerta da tutti i fedeli impegnati sia nella vita ecclesiale che civile. Desidero ascoltare tutti: i giovani, le donne, le persone disabili… Credo molto nel laicato che è servizio alla Chiesa ma anche fuori dalla Chiesa.

      Quali difficoltà vede nella Chiesa di oggi?

      Da parroco posso dire che abbiamo delle strutture troppo pesanti che sono quelle di un’epoca che non c’è più. Questo peso sottrae tante energie all’evangelizzazione che invece è la priorità. Dobbiamo essere pronti a fare una “dieta dimagrante” delle strutture, perché la missionarietà esige un equipaggiamento più leggero.

      Quel è la sua esperienza sul tema dell’unità dei cristiani?

      Non ho praticato l’ecumenismo sul piano teologico, ma quello dei piccoli gesti. Cito solo un esempio per farmi capire, ed è legato all’amicizia con il parroco della comunità ortodossa rumena della provincia di Fermo. Un giorno, essendo lui in isolamento per covid, mi ha chiesto di andare a pregare con una persona ortodossa che aveva una malattia terminale. Un sentimento di straordinaria fraternità. Lo stesso che sperimento anche sul piano interreligioso, ad esempio con l’Imam della comunità islamica di Fermo, con il quale ho collaborato ad iniziative per la pace.

      Quali sono le urgenze legate ai giovani?

      Sono due gli atteggiamenti che mi stanno a cuore. Anzitutto l’ascolto. Che però deve essere vero e sincero, senza pregiudizi. Lo sforzo di decifrare il linguaggio dei giovani spetta a noi adulti che non dobbiamo mai far pesare la nostra esperienza e mai avere un ruolo paternalistico. Il secondo atteggiamento è quello di spronarli a lanciarsi nella vita, spiegando che il mondo ha davvero bisogno di loro. Dobbiamo dare ai giovani uno spazio di protagonismo adeguato e accompagnarli con discrezione. Da parte nostra non ci dev’essere invadenza ma neppure abbandono. Anche qui la parola d’ordine è fare le cose “insieme”. Come possiamo parlare dei giovani senza farlo “insieme” a loro?

      Papa Francesco ci invita sempre più ad avere cura dei poveri …

      L’attenzione ai poveri è il banco di prova per capire se una comunità cristiana vive in maniera autentica il Vangelo. La carità non è un settore della vita pastorale delegato agli addetti ai lavori. Inoltre la povertà va considerata in tutte le sue forme. La solitudine degli anziani, ad esempio, è una delle forme di povertà.

      La pandemia ha interrotto le relazioni sociali. Anche la Chiesa fatica a ripartire. Come fare?

      Dobbiamo ricreare le connessioni interrotte e contrastare il rischio di rimanere rinchiusi in bolle separate dal resto della società. La fede cristiana però ha dentro di sé una straordinaria capacità di rigenerare le relazioni. E questo grazie allo Spirito Santo.

       

       

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      3 commenti

      1. Stefano Giampaoli il 18 Marzo 2022 15:00

        Caro Roberto, mi sembra anacronistico chiamare “eccellenza” il nuovo vescovo di Pesaro. Non perché non sia una persona eccellente. Dall’intervista mi sembra che lo sia in misura alta… ma per il suo vissuto e la pastorale che intende praticare. Chiamiamolo “Maestro”. Così, in un mondo e in una vita complessi, potrà essere punto di riferimento di un nuovo umanesimo da realizzare. Un affettuoso saluto, Stefano

        Rispondi
      2. Luigi Lilliu il 18 Marzo 2022 19:50

        I migliori e devoti Auguri ed il saluto più caloroso a S.E. Mons. Sandro Salvucci Arcivescovo Metropolita della Chiesa di Pesaro, per un fecondo cammino di fede e di speranza tra noi fedeli, che raccolti in preghiera ringraziamo Iddio per il dono speciale di averLa nostro pastore e guida nel Vangelo.
        A Mons.Piero Coccia esprimo profonda e sentita riconoscenza per il Suo lungo ministero episcopale, contraddistinto da abbondanti frutti di spiritualità e la conquista del cuore della Comunità cristiana, che ricambia con amore devozionale.
        Auguri per il meritato riposo nella grazia del Signore e di lunga vita in buona salute.
        Luigi Lilliu

        Rispondi
      3. Lasi Bruno ed Angelina il 22 Marzo 2022 10:50

        Non vediamo l’ora che si insieda e di poterlo conoscere personalmente.

        Rispondi

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