Le voci che si rincorrono su un presunto venir meno dell’Arcidiocesi urbinate destano comprensibile preoccupazione nei cittadini del territorio.
Sono ancora vivi ad Urbino ed in tutta l’arcidiocesi – tant’è vero che le attestazioni si rinnovano frequentemente – la sorpresa e lo stupore per l’inaspettato venir meno del titolo di metropolita all’arcivescovo di Urbino e la sua attribuzione a quello di Pesaro. Le domande di “lumi” si ripetono senza sosta ma restano senza risposta. Urbino deteneva da oltre 500 anni tale titolo, peraltro più onorifico che altro, ed era un riconoscimento alla religiosità, alla storia, alla arte, alla cultura che hanno caratterizzato la città nel corso dei secoli e tuttora la distinguono nel panorama nazionale ed oltre. Come avviene per altri titoli e distinzioni ecclesiastiche. Il Primate di una Chiesa nazionale non è necessariamente il Vescovo della capitale o della città più grande: è il caso, tanto per fare degli esempi di Toledo che è la sede del Primate di Spagna o di Braga che è la sede primaziale del Portogallo. Questo discorso, meglio ancora questa consuetudine è valida, anzi lo è ancor di più, anche per le Diocesi.
Storia. Una Diocesi non deve essere necessariamente grande malgrado oggi si voglia far prevalere una tale prassi. Nell’Italia centrale c’è una tradizione antichissima di Diocesi diffuse nel territorio sia per motivi religiosi sia per le caratteristiche del territorio stesso (monti, colline, asperità), la precarietà della viabilità che continua tuttora, la molteplicità dei piccoli e medi centri abitati. Queste realtà che negli ultimi decenni sono state penalizzate da esodi e fughe di residenti, oggi andrebbero riscoperte e valorizzate, visti anche gli effetti della perdurante pandemia. Questi centri dispongono tuttora di un immenso patrimonio abitativo e risorse di ogni genere; sarebbe opportuno valorizzarli e offrire incentivi alla produzione per permettere agli operatori e alle popolazioni di restare e anche di tornare, nonché di dotarli dei servizi essenziali: la viabilità, i trasporti, la banda larga e la sanità: diagnostica, poliambulatori, servizi agli anziani. Prima che scivoliamo tutti in mare. In questa prospettiva la diocesi può svolgere un ruolo fondamentale e il Pastore può essere più vicino ai suoi fedeli e tenere contatti, avere rapporti personali con la popolazione, indispensabili alla civile convivenza. Altrimenti il Vescovo sarà una figura sempre più lontana, irraggiungibile e sfuggirà alla cognizione collettiva.
Futuro? C’è un vero e proprio diritto a mantenere la propria identità e a conservare le proprie tradizioni. Nei secoli in Urbino hanno sempre operato in sintonia e aiutandosi reciprocamente vescovo, sindaco e rettore. Quale extrema ratio una strada potrebbe essere praticabile, quella di mettere insieme il territorio dell’entroterra fino a comprendere tutto il Montefeltro e San Marino. Del resto la storia della città ducale è strettamente legata a quella feltresca e della Repubblica del Titano, alla quale il duca Federico, un Montefeltro, aveva sempre garantito il diritto all’indipendenza e l’appoggio.