Una esilarante commedia scritta da Stefano Montanari. Sabato 15, domenica 16 e lunedì 17 febbraio i ragazzi di Bellocchi hanno dato vita a “El paes di Balocchi” uno spettacolo coinvolgente e divertente. Ad una settimana dal loro esordio, abbiamo chiesto loro come è nata l’idea e che cosa è stato vivere insieme questa emozionante “avventura teatrale”.
Come è nata la vostra compagnia e da chi è formata?
La nostra compagnia è nata un po’ per caso, quando, un anno fa, un nostro parrocchiano, Stefano Montanari (Fefo), ci ha comunicato di aver scritto un musical in dialetto e che avrebbe voluto metterlo in scena coinvolgendo i ragazzi della parrocchia. Così, come gruppo educatori e catechisti, abbiamo accettato la proposta con grande entusiasmo e abbiamo iniziato a collaborare per realizzare al meglio questo progetto, dividendoci sin da subito i vari compiti di direzione: Alessandro Bendia e Andrea Falcioni si sono occupati delle musiche, Ilaria Landini e Sara Sambughi delle coreografie, Gaia Antognoni ed Elisa Bacchiocchi si sono impegnate nella gestione backstage e ovviamente Fefo si è dedicato alla parte recitativa. In questo modo abbiamo creato una sorta di direzione artistica e per un primo periodo abbiamo cominciato a vedere quanti ragazzi avrebbe aderito al progetto e quali potevano essere le parti più adatte a ognuno di loro, in base alle loro specifiche qualità e caratteristiche. Così facendo abbiamo creato un gruppo di ragazzi e giovani, di età compresa tra i 12 e in 20 anni, che in 12 mesi di lavoro sono stati impegnati per due o tre sere a settimana, per riuscire a realizzare al meglio sia le parti di recitazione, che di ballo e di canto.
Nel post di fb avete scritto: nonostante le difficoltà abbiamo scelto di stare insieme e per questo ci vuole coraggio. Che cosa significa questa frase per voi e che cosa può significare per i giovani di oggi?
Capiamo bene che durante un lavoro così lungo le perplessità possono essere tante, sia da parte dei più grandi che da parte dei ragazzi, questo perché quando si sposa un progetto non si può sapere come esso si evolva o come vada a finire ma solo vivendolo si può capire il senso di quello che si sta facendo. Nel viverlo però ci sono, chiaramente, delle difficoltà che si possono riscontrare sia all’interno del gruppo di direzione che entro il gruppo dei ragazzi ma anche tra i due gruppi, in quanto è stata loro richiesta la presenza costante settimanale. Ci siamo trovati a volte sconfortati, soprattutto negli ultimi mesi, quando in prossimità di salire sul palco sono nate delle insicurezze e dei confronti, dati dalla stanchezza e dalla paura di non essere abbastanza pronti. In questo dobbiamo riconoscere l’aiuto spirituale del nostro parroco don Giuseppe Cavoli, che non ha mai smesso di credere in noi e ci ha sempre sostenuto anche quando tutto sembrava perduto. Quando ci sono delle divergenze all’interno di un gruppo non è così scontato continuare a collaborare, ma in contesti come quello parrocchiale si trova la forza di metter da parte le controversie per restare uniti verso l’unico obiettivo: quello di far vivere ai ragazzi un’esperienza diversa dal solito che possa distrarli dal “divertimento giovanile comune” e fargli invece sperimentare un sano divertimento creato dallo stare insieme e dallo scoprire o ri-scoprire nuove o già esistenti potenzialità di se stessi.
Avete in cantiere altri spettacoli?
Per quanto riguarda altri progetti non abbiamo per ora nulla in cantiere, se non la speranza che non si fermi tutto qui perché la gioia di vedere dei ragazzi entusiasti e felici ripaga tutto il lavoro fatto e riempie i cuori di allegria.