C’è un antico testo talmudico, il trattato “Sanhedrin”, che riporta la disputa tra due maestri. Discutono del perché l’essere umano (uomo e donna) tra tutte le creature, sia stato creato per ultimo.
Per il primo maestro, Dio si è comportato come un Re. Ha voluto prima predisporre ogni cosa, come in un grande banchetto, dove si attende l’arrivo dell’ospite di riguardo.
Per il secondo maestro, invece, l’uomo è stato creato alla fine perché, quando si senta superiore e mostri vanità o arroganza, gli venga ricordato che prima di lui sono state create le zanzare.
Si tratta di un esplicito richiamo all’umiltà. Un invito all’uomo a contenere il proprio narcisismo e a considerare la sua limitatezza, in rapporto all’infinità del cosmo
Tuttavia l’uomo sembra non aver maturato questa coscienza. Il ritenersi detentore della tecnica e della scienza, lo fa sentire come Prometeo “maestro di ogni arte”. Un essere onnipotente, che vuol competere con Dio. All’uomo non basta di aver avuto in affidamento il Creato. Vuole esserne il padrone indiscutibile e avverte come affronto ogni voce che lo chiami alla responsabilità. Per questo, come in una cattiva coscienza, relega ai margini l’etica e la morale e agisce per ridurre lo spazio pubblico del sacro e per scacciare dalla vita sociale le espressioni della fede.
Le tragedie umane, con le scandalose sacche di povertà planetaria, di fame, di sfruttamento, di guerra e di schiavitù ci dicono che questa è la cultura della disfatta. Non può esservi nessuna ecologia, né conversione, senza umanità. Senza rispetto per le persone, senza amore per la vita.
Papa Francesco ci ricorda che: «Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera» (Laudato Sii, n. 48). Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli, scrive ancora Papa Francesco.
Una riappacificazione sincera dell’umanità appare sempre più indispensabile. Ma occorre superare l’illusione che la storia umana sia determinata unicamente dai fatti economici, politici, sociali. L’uomo non è solo ciò che mangia o ciò che indossa. L’uomo è molto di più. È desiderio, speranza e spiritualità. Spiritualità, sì, poiché per superare le prove della vita e non perdersi, l’uomo ha necessità di proiettarsi oltre la sua finitezza.
La società ha bisogno della Chiesa, ha bisogno di comunità, per tenersi in piedi. Per non diventare la sommatoria di individualità, di conflitto e di rancore. Per questo occorre rafforzare il dialogo e la collaborazione operosa tra le religioni.
Con questo spirito parteciperemo anche quest’anno alla “Camminata dell’Amicizia” in occasione della XIV giornata per la custodia del Creato, che si svolgerà domenica 6 ottobre con inizio alle ore 14.30 dalla chiesa parrocchiale di Borgo Santa Maria (Pesaro). Lo faremo con i nostri fratelli anglicani, ortodossi e musulmani e insieme a tutti coloro che, indipendentemente dal loro orientamento religioso, vorranno partecipare.
Attraverseremo le nostre colline, per guardare con occhi attenti alle bellezze della creazione. Per scorgervi ancora l’opera delle mani antiche che ci hanno preceduto. Che hanno lavorato i campi, preservato i boschi, custodito gli animali e regolato i corsi d’acqua.
Ed è sull’acqua indispensabile alla vita di ogni creatura, che si soffermerà il nostro pensiero. L’acqua che ricorda la purezza e la santità. Guarderemo al fiume, al Foglia che da millenni scorre nelle nostre valli e che oggi ci chiede aiuto. Per averlo dimenticato. Per aver lasciato che le sue acque si corrompessero e che si suoi argini diventassero incolti.
Questa è la nostra occasione, per far partire da Borgo Santa Maria una voce forte, rivolta alle istituzioni, alla comunità e a tutti noi, perché il Foglia, torni, come un tempo a nuova vita e le sue acque siano di nuovo pulite e benedette.
GIANLUIGI STORTI (Ufficio Problemi Sociale e Lavoro Diocesi di Pesaro)