A Pietro Bartòlo, pescatore, marinaio, naufrago e da trent’anni medico del poliambulatorio di Lampedusa. Con la sua testimonianza esemplare ci ha fatto capire che l’immigrazione non è un problema, ma un’opportunità e che gli immigrati non sono numeri ma persone”.
Premio. Con questa motivazione, sabato 5 ottobre a Fano nei giardini di Piazza Amiani, il presidente de L’Africa Chiama Italo Nannini ha consegnato il premio “Ho l’Africa nel cuore” 2019 a Pietro Bartòlo, medico di Lampedusa e oggi europarlamentare.
“Pietro – ha sottolineato Nannini – è un campione di solidarietà e la sua presenza qui oggi ci fa bene, ci stimola e ci incoraggia ad aiutarli nelle loro terre in modo concreto, efficace e mirato”
Cerimonia. Una cerimonia che ha visto la partecipazione di tante persone, di realtà che quotidianamente sono vicine ai migranti come il gruppo locale Pesaro Urbino di Refugees Welcome, del vice presidente dell’Assemblea Legislativa delle Marche Renato Claudio Minardi che ha sottolineato come proteggere le persone prima dei confini debba essere un dovere di tutti noi e di diversi sindaci del territorio a cominciare dal Sindaco di Fano Massimo Seri che ha ringraziato L’Africa Chiama che quotidianamente si sporca le mani, nel senso più nobile del termine, operando a servizio dei più bisognosi con aiuti concreti. Presente alla giornata anche Fabrizio Volpini presidente della IV Commissione consiliare che si occupa di sanità ma anche di sociale. “Essere oggi qui ad ascoltare Bartòlo significa stare da una parte del campo senza sé e senza ma, senza timori. Questi sono i messaggi che dobbiamo portare nel nostro impegno quotidiano”.
Testimonianza. Protagonista della serata proprio il medico di Lampedusa intervistato dal giornalista Lorenzo Furlani. “Anche noi – ha esordito Bartòlo – davanti al molo Favarolo abbiamo lo stesso striscione, scritto dai cittadini di Lampedusa, che avete qui oggi: proteggere le persone prima dei confini. Siamo tutti cittadini di questo mondo e tutti abbiamo diritto di vivere una vita dignitosa”. Bartòlo ha poi ricordato, con commozione, quel 3 ottobre 2013. “Ho bene impresso nella mia mente quel giorno, perché quel giorno ha cambiato per sempre la mia vita. Ho visto tanta sofferenza, ho visto 368 persone morte, persone non numeri tra cui tanti bambini. Sono stato pescatore anche io, anche naufrago e so cosa vuol dire stare in mezzo al mare ore e ore aspettando solo la morte. Quest’anno il 3 ottobre non ero a Lampedusa come ogni anno, ma ero al Parlamento Europeo perché mi sto impegnando a risolvere il fenomeno, e non quello che molti chiamano il problema, dell’immigrazione. I pescatori di Lampedusa – ha proseguito Bartòlo – continuano a salvare le persone, non si spaventano delle multe, perché quello è nel dna dei pescatori, di coloro che vivono il mare”.
Fuocoammare. Con il giornalista Furlani Bartòlo ha parlato anche di Fuocoammare, documentario del 2016 diretto da Gianfranco Rosi premiato con l’Orso d’oro per il miglior film al Festival di Berlino. “Ho convinto Gianfranco a raccontare che cosa vivono i migranti – ha messo in evidenza Bartòlo – in un documentario. Per me era importante che arrivasse il messaggio. Inoltre il 19 ottobre uscirà un altro film che prende spunto dalla storia di una bambina che racconto nel mio libro Le Stelle di Lampedusa”.
Migranti. Il medico di Lampedusa ha sottolineato la sua instancabile missione di diffondere e far conoscere, soprattutto alle nuove generazioni, le storie dei migranti che sbarcano sulle nostre coste. “Sono entrato in politica – ha spiegato Bartòlo – perché credo nella vera politica, quella con la P maiuscola, che è servizio. Appena arrivato in Parlamento mi interessava subito parlare di immigrazione. Tutta l’Europa deve prendersi la responsabilità di accogliere e aiutare i migranti. Dobbiamo ritrovare la strada maestra per cui è stata fondata”.