Il dibattito sulla Chiesa continua. Caldo e articolato, a suo tempo descritto dal teologo Piero Coda che mi offre l’occasione di imbastire questo insolito editoriale.
Dopo l’attesa e il silenzio, nel giorno di Pentecoste mossi dallo Spirito Santo, gli Apostoli in uscita raggiungono la periferia del primo annuncio. Pietro parla in aramaico a una gente multietnica che lo ascolta nella propria lingua (miracolo!). Questo è lo stile dell’inizio della Chiesa: lo sarà domani e dopo domani. Ma l’annuncio della Parola, qui e oggi, è oscurato dal mito della scienza per cui nel giro di mezzo secolo una società cristiana si trasforma in una società secolarizzata in cui non c’è posto per la trascendenza. Papa Francesco vorrebbe ridare la gioia della verità e così interviene con la Costituzione apostolica Veritatis Gaudium. Essa sottolinea che gli studi ecclesiastici, di “Chiesa in uscita”, sono chiamati oggi ad approfondire il “dialogo con le scienze”. Non è una cosa nuova, ma di nuovo c’è un pressante invito a inserire il lavoro teologico nel cuore dell’evangelizzazione. Le periferie alle quali la Chiesa deve dirigersi, infatti, sono anche gli ambiti del sapere alto dove la Parola non è ancora risuonata oppure non è ritenuta nel novero della conoscenza. Necessita una teologia in uscita in grado di intessere relazioni col mondo della vita, della cultura e del costume, a servizio dell’intelligibilità della Parola che è a tutti destinata. La Costituzione Apostolica immagina una sorta di laboratori per una lettura della realtà che emerge dall’evento di Cristo nella storia. Essi sono predestinati ad esercitare questo ruolo nell’attuale cambiamento d’epoca segnato da una crisi antropologica e socio-ambientale e a formare guide e testimoni che indichino strade nuove. La crisi impone agli studi teologici ed ecclesiastici una decisa assunzione delle forme e degli stili propiziati dall’onda profetica del Vaticano II. Ed evidenzia sempre più il bisogno di una vera e appropriata interpretazione evangelica (ermeneutica) per capire meglio la vita, gli uomini, il mondo di oggi. Il tutto inserito in un’atmosfera di ricerca e di certezza basata sul rapporto di “ragione e fede”. Pertanto i buoni ricercatori e studiosi avranno il pensiero aperto alla novità e alla post-verità. Se la crisi anche a livello di coscienza morale, civile e politica cede all’intolleranza o al fondamentalismo, è di vitale necessità giungere a una visione unitaria e organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico nel corso dell’attuale millennio, senza dubbio arduo ma epocalmente decisivo. Sottrarvisi significherebbe oscurare il dono della Rivelazione e rendere gli studi ecclesiastici irrilevanti. Qui la stimolante indicazione che la Veritatis Gaudium offre in proposito: la gestione del principio di interdisciplinarietà come promozione e crescita di tutti i saperi entro lo spazio di “luce e vita”. Offerta nella prospettiva aperta e rispettosa di tutte le discipline che vanno dal regno dei cieli al regno dei fossili, come dire dalla teologia alla mineralogia, passando attraverso la storia dall’epoca della pietra fino alla modernità.
RAFFAELE MAZZOLI