Stanca e stressata dagli esami della sessione invernale, mi sono rifugiata come tutti i mercoledì a Casa Giovani, una realtà concreta dove si può ricavare uno spazio per sé stessi, per la propria fede e per gli altri. Lo scorso mercoledì però non eravamo i soliti volti della diocesi a ritrovarci ma c’erano con noi delle personalità coraggiose, dai passati difficili e spezzati, da uno sguardo stanco dai chilometri percorsi e da quelli prossimi verso Panama. Eh sì, i ragazzi che ci sono venuti a trovare, grazie alla comunità Papa Giovanni XXIII e grazie in particolare a Matteo Santini di Fano, provengono dal lontano Paese sudafricano dello Zambia. Chi sono? Hassan, Charles e Clement. Dei nomi bellissimi che contengono delle storie magnifiche, incredibili, che facciamo a stento a immaginare. Studiando mediazione linguistica mi sono ritrovata a tradurre le loro storie, vicissitudini, il loro passato sconfinato che sono per loro una cicatrice che porteranno per sempre.
Testimonianze. L’emozione e al contempo l’incredulità di ciò che stavo ascoltando mi hanno accompagnato per tutta la serata. Con gli occhi tristi e pieni di lacrime Hassan, Charles e Clement ci hanno raccontato come hanno imparato ad amare, come hanno imparato a non avere paura delle persone che fino a quel momento avevano riservato per loro solo persecuzioni, dispiaceri e privazioni della loro libertà di credere, di compiere delle scelte, di andare avanti nella loro giovane vita.
Cicetekelo. Sono ragazzi giovanissimi ma che hanno alle spalle vite durissime, i quali hanno trovato uno spiraglio di speranza attraverso il progetto Cicetekelo : un modello d’intervento di breve, medio e lungo periodo che si occupa del recupero e del reinserimento famigliare e sociale degli OVCs – Orphans and Vulnerable Children – bambini e ragazzi che vivono situazioni di disagio e povertà nella città di Ndola e zone limitrofe, Zambia. Questo progetto risponde all’emergenza dei minori che conducono una vita di strada, cerca di prevenire tale fenomeno agendo sui principali fattori di rischio sostenendo chi proviene da nuclei fortemente vulnerabili. I ragazzi che sono stati con noi, sono ragazzi di strada, esseri umani ai margini della società, senza famiglia, senza casa, abbandonati, discriminati e ghettizzati, costretti a lottare quotidianamente per sopravvivere.
Fede. La loro unica certezza? Il Signore. Dio è per loro un porto sicuro, un punto fermo nella loro vita. Sono stati i loro genitori prima di morire o dei sacerdoti incontrati provvidenzialmente ad aver trasmesso loro l’importanza della fede e il legame indissolubile con il Signore. Come hanno più volte detto Hassan e Charles “Il Signore conosce tutto di noi” e sta a noi ovviamente coglierlo ma soprattutto ascoltarlo. A cuore aperto e con qualche lacrima ci hanno raccontato come sono stati perseguitati, come le persone hanno più e più volte cercato di abbattere quella certezza fondamentale nella loro vita, ma non ce l’hanno fatta. Nessuno è potente quanto Dio. La vita è il dono che Dio ci ha fatto. Il modo in cui la viviamo è il dono che noi facciamo a Dio. I ragazzi ci hanno spronato a vivere la nostra vita a pieno, a cogliere qualsiasi momento della quotidianità bello o brutto che sia e di star tranquilli perché poi a noi, ci pensa Lui. Come disse Carlo Maria Martini “la fede è un affidarsi a Dio che vince l’angoscia: non è un bagaglio di nozioni che esige un faticoso indottrinamento, è il bene più grande e liberante per l’uomo”, cogliamo questo dono però.