Ci risiamo. La scorsa settimana tutte le maggiori agenzie di stampa sono riuscite a far passare ancora una volta la storiella della Chiesa privilegiata che non paga l’Ici, favorita da ingiusti privilegi. In realtà la notizia non chiama in causa solo la Chiesa ma le decine di migliaia di proprietari di immobili non commerciali. Si tratta dell’enorme mondo del Non profit che va dai partiti alle associazioni sportive. Proviamo allora nel nostro piccolo a fare un po’ di chiarezza. Anzitutto stiamo parlando di una tassa di oltre 10 anni fa, ovvero l’Imposta comunale sugli immobili, sostituita oggi dall’Imu. È vero che il pronunciamento dei giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annulla la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 e stabilisce che lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata ma, sempre quegli stessi giudici, hanno anche respinto il ricorso dei radicali sull’Imu, che prevede invece l’esenzione dell’imposta quando le attività sono svolte in modalità non commerciale.
In altre parole hanno confermato che l’esenzione è legittima per attività che funzionano gratuitamente o con contributi simbolici o non adatti a raggiungere il pareggio di bilancio, perché mirate alla finalità sociale. Dunque appare evidente che non rispondeva ad alcun principio di equità far pagare l’imposta comunale sugli immobili anche ad oratori, mense per i poveri, scuole materne che spesso nei piccoli centri sono l’unico sostegno per le famiglie. Una buona informazione dovrebbe chiarire una volta per tutte che la Chiesa cattolica che non godeva allora né gode oggi di alcun privilegio in materia di Ici/Imu.