Grande partecipazione lo scorso lunedì 24 settembre in occasione della solennità del Patrono di Pesaro San Terenzio. Il maltempo della mattina non ha scoraggiato la tradizionale processione con l’urna che, dalle ore 17, si è snodata per le vie del centro fino a raggiungere la Cattedrale per la celebrazione eucaristica presieduta monsignor Piero Coccia. Nell’omelia (che riportiamo nei passaggi più significativi) l’Arcivescovo di Pesaro si è soffermato su
Domande. «Questa celebrazione – ha detto l’Arcivescovo – si pone al termine di una processione (dal termine procedere che vuol dire camminare in avanti) che nella tradizione cristiana ha una pluralità di significati, tutti impegnativi. Per noi questa sera l’esperienza del “procedere”, ci riguarda soprattutto come Chiesa di Pesaro chiamata a camminare incontro al suo Signore in un preciso momento e contesto storico». Riprendendo i temi del Convegno diocesano (vedi pagg. 8/9) monsignor Coccia ha evidenziato due domande ineludibili che riguardano direttamente la Chiesa di Pesaro. La prima: di fronte ad una società sempre più secolarizzata la Chiesa ha ancora la possibilità di annunciare la fede nel Risorto? La seconda: la nostra chiesa di Pesaro, nelle attuali condizioni storiche, è in grado di assolvere alla missione che il Risorto le ha affidato? Secondo l’Arcivescovo «con la secolarizzazione stiamo vivendo un passaggio storico che va accettato e valorizzato. Da un cristianesimo della “convenzione” culturale ed anche morale, stiamo passando ad un cristianesimo della “convinzione”. Il fatto di sentirci non più protetti da tante forme di tradizionalismi, ci dà la possibilità di riscoprire una fede più autentica, più motivata e più appassionata. Del resto dice la saggezza popolare che “quando l’acqua tocca il collo, si impara a nuotare”».
Sacerdoti. Quindi monsignor Coccia ha toccato il tema del numero ridotto dei sacerdoti e della difficoltà di assolvere la missione che il Signore le ha affidato, quella cioè di portare il “lieto annuncio” del Risorto. Ma anche in questo caso la difficoltà va letta con gli occhi dell’opportunità. «A tutt’oggi nella nostra Arcidiocesi – ha detto – su circa quaranta sacerdoti impegnati nel ministero pastorale attivo, la metà è costituita da sacerdoti pesaresi, l’altra metà da religiosi e da sacerdoti provenienti da chiese sorelle. La nostra Arcidiocesi è chiamata a vivere la presenza di questi cari presbiteri provenienti da chiese sorelle, come un’esperienza che le consente di toccare con mano l’universalità della chiesa e le fa puntare sempre più e sempre meglio lo sguardo sul Cristo. Inoltre la situazione della scarsità del clero impone a tutti noi un’attenta riflessione perché il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana».
Laici. Secondo l’Arcivescovo la nostra Chiesa è chiamata a riscoprire sempre più il ruolo dei laici che vanno seriamente e rigorosamente formati a livello spirituale, pastorale e teologico. «Ciò che stiamo facendo soprattutto a livello diocesano con i mezzi di cui disponiamo. Ma non dimentichiamo che essi vanno ancor prima individuati nelle parrocchie, nei gruppi e nei movimenti attraverso un’attenta opera di discernimento che investe tutta la comunità, a cominciare dai sacerdoti».