Tutta la Chiesa attende con gioia l’imminente solennità di S. Francesco. La festa del Patrono d’Italia ha radici profonde anche ad Urbino e i Frati Minori Conventuali stanno preparando con cura questa ricorrenza, a cominciare dal “triduo” delle ore 18,45 del 30 settembre e dell’1° e 2 ottobre. Animerà le serate, frà Luca Marcattili che approfondirà il cammino, la spiritualità, il lungo percorso di Francesco, alla sequela di Gesù, a partire dall’episodio più importante della sua conversione, quando mentre pregava nella chiesa di S. Damiano, il Signore gli disse per tre volte: «Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta una rovina». Nella vigilia della festa, mercoledì 3 ottobre, alle ore 18,45 si terrà una veglia di preghiera con salmi, letture e canti, nella memoria del beato Transito del Serafico Padre. Nella solenne celebrazione eucaristica della festività, l’Amministrazione Comunale provvederà all’accensione della Lampada, in segno di gratitudine al Santo che illuminò il mondo intero, con la radicalità di vita evangelica e con i messaggi di pace e amore universali.
Francesco. La sua è una figura che anche qui ad Urbino attrae i giovani universitari. Per tanti ancora oggi è di grande attualità e interroga i loro cuori. L’acuirsi delle condizioni socio-economiche fra i vari ceti sociali, il rifiuto del diverso, il chiudersi in sé stessi, l’egoismo dilagante, il bisogno di reti di protezione, l’insicurezza e la paura di non farcela, ci impongono di guardare al Santo di Assisi, per costruire un mondo più umano e pacificato. Egli ha radicalmente modificato il suo percorso di vita, dopo aver scelto di seguire il Vangelo, e per questo rappresenta un’icona viva di Cristo. Rendendosi interprete dei sentimenti diffusi nel suo tempo, predicò l’uguaglianza tra gli uomini, il distacco dalle ricchezze, l’amore per tutte le creature di Dio e la venuta del suo Regno. Ha sempre desiderato poco o nulla per sé. Si tratta di un concetto che oggi suona come una salutare provocazione, in una società e cultura dove comanda la mancanza di ogni limite nel consumare le cose e nell’uso delle persone. La sua decisione non significa solo la rinuncia a ogni possesso, a ogni potere, non si tratta di un comportamento di sobrietà, pur così importante e necessario, soprattutto in un tempo di crisi, bensì il gesto di spogliarsi di tutto, rivela una logica che appare sovversiva rispetto agli arrivismi e alle avidità che governano il mondo. Per il Poverello, la vita di ciascuno è dono prezioso da amare, senza pretendere di possederla. Ogni attenzione al debole nasceva in lui dall’amore alla “povertà crocifissa” del Figlio di Dio.
Una presenza viva. La sua attualità consiste nell’aver scelto Cristo e il Vangelo in una forma che proietta la sua luce anche sui profondi bisogni dell’uomo del nostro tempo, in particolare dei giovani. È un apostolo della “nuova” società, ma contemporaneamente testimonia, con la sua condotta rigorosa, la “resistenza” nei confronti di una società degradata e corrotta. Assisi in onore del suo illustre concittadino è diventata un faro spirituale ed un simbolo di pace universale.