“Anche la Chiesa di Pesaro sta vivendo una situazione simile a quella delle nozze di Cana raccontata nel Vangelo di San Giovanni. Anche noi siamo come giare, riempite di acqua, che attendono la trasformazione in vino buono. Anche noi, come i servi, rivolgiamo lo sguardo a Maria per dirle il nostro disagio e accogliere il suo consiglio: fate tutto quello che il Signore vi dirà”. È iniziato così il discorso che l’Arcivescovo Piero Coccia ha pronunciato domenica 21 ottobre in occasione della “Festa del Voto”, particolarmente cara ai pesaresi, che accorrono sempre numerosi, non solo per ringraziare la Vergine della rapida e miracolosa cessazione dell’epidemia di colera del 1855, ma anche per invocare il suo aiuto nelle numerose difficoltà dell’oggi.
Vino. Ma di quale “vino” ha bisogno la Chiesa di Pesaro? Innanzitutto del “vino” di una fede vissuta non per convenzione, ma per forte e motivata convinzione: “Questo passaggio, ha detto l’Arcivescovo, ci è richiesto dalle numerose sfide che stiamo vivendo. Lasciamoci attrarre dal mistero del Cristo attraverso l’esperienza dell’incontro con Lui che in tanti modi si fa a noi contemporaneo, consentendoci di assimilarlo. Il Signore si rivela. Sta a noi lasciarci raggiungere nella nostra carne, superando tanti pregiudizi, incertezze, dubbi ed errate valutazioni”. Anche del “vino” della comunionalità pastorale la nostra Chiesa ha bisogno: “Con le Unità pastorali, le comunità parrocchiali sono chiamate a fare una forte esperienza di comunione e di reciproca collaborazione attraverso i Consigli pastorali unificati, i Consigli per gli Affari Economici integrati e le scelte pastorali condivise ed attuative delle indicazioni espresse dall’Arcivescovo. È finita l’epoca delle individualità. Siamo chiamati ad andare verso la unificazione e la condivisione”.
Comunità. E ancora: c’è necessità del “vino” della integrazione e valorizzazione della presenza dei sacerdoti provenienti dalle diocesi sorelle: “In questi ultimi tempi abbiamo avuto il dono di 12 sacerdoti cosiddetti “Fidei donum”, inviati temporaneamente nella nostra diocesi grazie alla loro disponibilità e alla generosità di alcuni confratelli Vescovi. Tutta la comunità deve apprezzare e valorizzare questo dono grande, che ci permette di fare un’esperienza di chiesa universale e di puntare sempre più sul mistero del Cristo”. Non si può infine tralasciare il “vino” della corresponsabilizzazione e formazione dei laici: “La nostra Arcidiocesi al riguardo ha fatto notevoli passi in avanti, ma occorre proseguire. Tra l’altro la nostra Arcidiocesi può contare su laici affidabili e desiderosi di essere valorizzati. Raccomando per la loro formazione l’annuale Corso diocesano per gli Operatori pastorali, iniziato il 12 ottobre scorso e i Corsi accademici dell’ISSR “Redemptoris Mater” che si tengono nella sede di Villa Borromeo. Cari fedeli, ha concluso l’Arcivescovo, fidiamoci di Maria: riempiamo le giare di acqua, perché questa si tramuti in “vino buono”.