Il vero pellegrinaggio comincia quando ci si toglie lo zaino. Una consapevolezza che ha maturato ognuno degli oltre cento giovani che, dalle diocesi di Pesaro, Urbino e Fano, hanno preso parte al pellegrinaggio interdiocesano in vista del prossimo Sinodo dei Vescovi sui giovani e il discernimento vocazionale.
Novanta Km. Dal 5 al 10 agosto, partendo dal centro storico di Urbino, sono stati percorsi più di novanta chilometri, sotto il sole, senza una particolare preparazione fisica alle spalle, ma con il desiderio di affidarsi a questa esperienza in modo da lasciarsi lavorare dal Signore, primo vero compagno di questo viaggio. «Noi sappiamo che la compagnia di Gesù è per sempre. In Lui dobbiamo quindi affidare l’esistenza stessa della nostra vita». Questo l’incoraggiamento dell’Arcivescovo di Urbino, monsignor Giovanni Tani, prima della partenza. Lungo il cammino, infatti, è diventata protagonista la vita, quella vera, senza troppe maschere. La stanchezza, la fatica e, dall’altra parte, la gioia della meta e l’entusiasmo di non sentirsi soli in questa impresa: esperienze quotidiane, sperimentate nei modi più disparati, segno di una grazia di fronte alla quale non si può restare indifferenti. Le relazioni intrecciate in quei giorni hanno permesso di vedere la bellezza di Dio in ogni persona, nonostante le difficoltà che ciascuno porta con sé, perché insieme tutto può essere superato.
Cammino. «Fate un esodo verso una festa cercata, desiderata. Fate in modo che la vostra vita possa essere un modello esemplare per i giovani», ha detto monsignor Armando Trasarti, Vescovo di Fano, durante la Santa Messa da lui presieduta. Da qui, un secondo obiettivo: non lasciarsi scivolare addosso le domande semplici ma profonde che sono emerse lungo il cammino, cercando di rispondervi con tutti se stessi e con la mano aperta, tesa al prossimo. Lo stesso monsignor Piero Coccia, Arcivescovo di Pesaro, ha infatti fatto riferimento all’altrettanto forte dimensione ecclesiale respirata in quei giorni di pellegrinaggio: «Il Signore comunica con la Chiesa, si fa trovare dalla sua Sposa, che siamo tutti noi. Quando c’è un rapporto così intenso, il Signore non può che essere con noi». E la vicinanza del Signore si è sentita ogni giorno, in ogni volto incontrato, nelle comunità che hanno offerto da mangiare, nelle famiglie che hanno aperto le loro case per dare un letto e una doccia. Così come pure nella partecipazione della “Comunità Papa Giovanni XXIII” e di don Enrico Giorgini, don Valerio Rastelletti, don Andreas Fassa e don Steven Carboni, che assieme a don Mario Florio e don Francesco Pierpaoli hanno rappresentato una grandissima opportunità per chi cercava fontane d’acqua “viva” lungo il cammino, fosse anche solo in uno sguardo o in una pacca di incoraggiamento.
Esperienza. Cosa resta? A cosa serve un’esperienza simile? Questo è l’interesse spicciolo con cui si è partiti. Chi ha camminato sa che il vero guadagno lo si è trovato in sé stessi ed è qualcosa di molto più vero rispetto a quanto ci si poteva aspettare.