art 2 roma pag 19 Arrivare a Loreto significa vedere un’ondata di giovani, che da mille strade, si ritrovano in un’unica via per condividere insieme la bellezza dell’incontro con l’altro e della condivisione di quello che è stato un pellegrinaggio ricco di emozioni. Siamo al Centro Giovanni Paolo II, stanchi ma felici, con la voglia di incontrare i nostri fratelli e le nostre sorelle marchigiane per raccontarci la bellezza di quanto vissuto. Dopo la pausa pranzo siamo stati divisi in piccoli gruppi; ogni gruppo era gestito in particolare da una persona che aveva il compito di guidare la condivisione e il racconto. Dopo il classico “giro dei nomi” per rompere il ghiaccio, ci è stato chiesto di pensare ad un’immagine che racchiudesse per ognuno di noi il senso del cammino di quei giorni. Qual era il ricordo più profondo che avremmo portato nel cuore una volta tornati a casa? Ognuno di noi, senza timore, ha condiviso la propria “cartolina”, la propria immagine stampata nel cuore. E’ stato importante ascoltare diverse storie, perché ci ha aiutato a rileggere anche la nostra. Ci siamo chiesti cosa portare a casa da questa esperienza. Quali sono le cose che ognuno di noi ha capito durante il cammino? Ci siamo dati alcuni momenti di silenzio per pensare, e per trovare una parola che definisse l’esperienza di ognuno di noi.
Terminato il momento di condivisione ogni giovane ha scritto in un lenzuolo la propria parola; eravamo sconosciuti fino a poco prima, ma con una stessa e unica speranza, mantenere dentro di noi la gioia viva di quei giorni. Siamo ripartiti a piedi dal Centro Giovanni Paolo II per giungere alla Santa Casa; è stato un vero e proprio camminare nella gioia, tra canti e momenti di festa. Arrivati in piazza abbiamo percepito che ciò che ci attendeva nella sera sarebbe stato un momento di intensa spiritualità. La piazza rappresentava l’immagine di una chiesa davvero rara e preziosa, una chiesa che vede i sacerdoti a fianco dei giovani. Quella sarebbe stata la nostra notte, il nostro incontro atteso con il volto di Cristo. Arrivata la veglia si respirava il bisogno di silenzio ed eravamo tutti seduti ad ascoltare parole che ci avrebbero allargato il cuore prima della preghiera in Santa Casa. Le parole che sono state rivolte a noi giovani sono state parole di senso, che hanno dato importanza a ciò che siamo e al servizio che svolgiamo nelle nostre realtà parrocchiali. Entrati in chiesa ognuno ha avuto modo di restare solo, con davanti l’immagine di quel corpo che dà senso ad ogni nostra croce, domanda e dubbio. “Ognuno questa sera dica il proprio sì a Dio”. Credo che ognuno di noi quella sera abbia pregato per la propria vocazione. Saliva l’emozione per l’incontro con il Papa. Roma ci attendeva e noi eravamo pronti.