“E’ un ministero faticoso, ma meraviglioso”: pastorale di frontiera!
La presenza del cappellano in carcere vuole essere un aiuto al detenuto perché prenda coscienza del suo male. E invitarlo alla conversione e alla riparazione. Una presenza di Chiesa che non giustifica il male, ma testimonia la misericordia.
Sofferenza. Un ministero mai facile, in ogni caso: essere uomini di ascolto, affrontare storie di grande sofferenza. Non c’è la bacchetta magica, ma dietro c’è la Chiesa che invia. In carcere c’è una comunità cristiana: forse disobbediente, che ha fatto sbagli, ma che attende un annuncio. Il cappellano del carcere deve fare da ponte tra carcere e parrocchie, coinvolgere le comunità ‘fuori’, perché la pastorale ‘dentro’ non diventi debole o nascosta.
Dalla loro parte i cappellani delle carceri hanno il magistero di Papa Francesco: Le parole e i gesti del Papa hanno fatto crescere l’attenzione sul carcere della società e della politica. A maggio 2016 a Strasburgo ho espresso la sua gratitudine ‘per la nostra difesa della dignità umana’. Come diceva don Oreste Benzi, ‘la persona non è mai il suo errore’. I detenuti devono scontare una pena, ma non devono sentirsi emarginati, esclusi, marchiati. Lo diciamo sempre: ricordate ai fratelli detenuti che conservano comunque la dignità di Dio.
Rieducazione. Il ruolo dei ministri di culto è fondamentale, perché essi partecipano all’opera di risocializzazione dei detenuti e alla loro rieducazione umana e spirituale sia attraverso un servizio pastorale, sia venendo incontro a esigenze personali che le strutture possono non essere in grado di soddisfare. Ciò vuol dire occuparsi delle necessità più spicciole: portare vestiti, dentifricio, dare qualche aiuto economico.
Pastorale fatta soprattutto di ascolto e di mediazione: farsi da tramite sia nei confronti delle famiglie dei detenuti che nei confronti della comunità cristiana.
Disponibilità. Il ruolo del cappellano nelle carceri è un ruolo indubbiamente complesso e che richiede, oltre ad una particolare preparazione umana e religiosa. La disponibilità a trascorrere del tempo dietro le sbarre per incontrare, parlare e conoscere i detenuti. La sua presenza non è soltanto legata all’annuncio di Cristo, ma ha anche un risvolto di dimensione umana, di conforto morale e di un rapporto personale con il detenuto. L’opera del cappellano è essenzialmente di condivisione della pena ed il rapporto con il detenuto diventa, per il recluso, una relazione con la libertà.
Missione. La Chiesa compie questa missione anche attraverso le azioni che propongono fuori dal carcere cammini concreti di risocializzazione e di riconciliazione. Essa, di fronte al problema del male e nei confronti delle persone coinvolte, ha espresso al suo interno e proposto sempre dei cammini di liberazione fondati sull’amore misericordioso di Dio Padre. Percorsi vissuti in carcere attraverso operatori della pastorale che formano lì la comunità cristiana.
La riflessione del Vescovo Armando è stata pubblicata anche sulla rivista “Un mondo a quadretti”, il periodico della casa di reclusione di Fossombrone.
+Armando Trasarti
Vescovo