La Nuova Scuola ha compiuto 40 anni, tanti quanti ne sono trascorsi dalla pubblicazione del testo a cui si è sempre riferita: “Il rischio educativo” di don Luigi Giussani. È un evento che sorprende, perché non è affatto scontato che, dopo tanti anni e con le molteplici difficoltà incontrate, la Nuova Scuola continui ad esserci e a crescere come “istituzione ormai salda nel tessuto cittadino”. Non è scontato, anche se indubbiamente molto hanno contribuito al suo sviluppo la passione, le energie, il tempo che decine e decine di persone le hanno dedicato e la generosità di tanti benefattori che hanno permesso anche ad alunni non abbienti di frequentarla. Grande festa, dunque. Per ringraziare della storia passata, mantenendo però lo sguardo attento al presente e aperto al futuro.
Testimonianze. Venerdì 1 giugno, infatti, nel grande parco di Villa Borromeo, oltre cinquecento persone, tra cui numerosi ex alunni, si sono ritrovati per confrontarsi sulla domanda: “Che compito ci è richiesto in questa situazione così allarmante e umiliante di emergenza educativa?”. Una domanda alla quale si è preteso di rispondere, come ha precisato la fondatrice Daniela Tagliatesta, non attraverso un’analisi o un elenco di problemi, ma attraverso fatti, volti, storie: “scintille” che l’amico giornalista Alberto Savorana, autore della “Vita di don Giussani”, ha contribuito a collegare e giudicare. Il primo compito – ha detto – è quello di considerare l’educazione un bisogno prioritario: come ha testimoniato Hachim Rachdi, presidente della federazione islamica delle Marche, il quale, riconosciuta la valenza educativa della Nuova Scuola, non ha esitato a cambiare casa per permettere ai suoi tre figli di frequentarla. Fondamentale inoltre è proporre ai giovani un’esperienza unitaria di studio e di vita: così, ad esempio, la visita alla Risiera di San Sabba a Trieste, raccontata da Alessandro e Martina, non è rimasta un’esperienza episodica seppure emotivamente intensa, ma si è trasformata in domanda sulla quotidianità: che relazione c’è tra quel “peso sul cuore” provocato dal contatto brutale con il male del mondo e il modo di vivere la scuola, lo studio, i rapporti con i compagni e i docenti? Sembra che non ce ne sia alcuna, ma è compito della ragione andare al di là della superficie e scoprire significati e legami.
Giussani. Anche accompagnare gli studenti nella scelta universitaria fa parte del compito educativo. “Non considerate solo il puro ritorno economico – ha raccomandato Savorana – ma prima di tutto le vostre doti e inclinazioni, tenendo conto anche della praticabilità di ciò che desiderate e chiedendovi come possiate essere più utili alla società e alla Chiesa”. Un ultimo pensiero è stato riservato alla libertà, fattore decisivo nell’educazione. E’ un grande sacrificio per i genitori e gli insegnanti vedere i propri figli o studenti prendere decisioni e strade diverse da quelle che si ritengono giuste. Ma, come scriveva don Giussani, per nessuno può esserci una felicità che non sia scelta da lui. Perciò quanto più si desidera la libertà dei nostri alunni e figli, tanto più dolorosamente si approfondisce il rispetto della loro decisione.