Un sentimento di gioia e di compiacimento, simile a quello di “un padre di famiglia che vede crescere bene i suoi figli”, è stato espresso dall’Arcivescovo Piero Coccia agli Animatori ed Educatori degli Oratori, ai quali, mercoledì 16 maggio, nella Chiesa di Santa Croce, ha consegnato la “Parola Educativa” dell’anno: “Educati a riconoscere, interpretare, scegliere”. In dieci anni di vita sono cresciuti tanto gli oratori dell’Arcidiocesi: nati come piccolo esperimento parrocchiale sotto la guida di don Giuseppe Fabbrini e della sua équipe hanno coinvolto un numero sempre crescente di parroci e di giovani, fino a raggiungere oggi circa 3000 ragazzi, che in alcuni casi vengono impegnati non solo durante il periodo estivo, ma nell’arco dell’intero anno.
Servizio. “Dobbiamo ringraziare prima di tutto il Signore – ha detto mons. Coccia – che ha permesso la continuità, non affatto scontata, di questa esperienza: una gratitudine che deve tradursi anche in responsabilità nei confronti dei ragazzi stessi, delle loro famiglie e delle parrocchie”. Perché scegliere di essere animatori di oratorio? La fede motiva questa scelta? Tale servizio aiuta a comprendere la vita come “vocazione”? Su queste tre domande gli educatori si sono preparati all’incontro, elaborando, per gruppi, una scheda da sottoporre all’Arcivescovo, il quale l’ha poi commentata. Dal confronto è emerso che varie sono le motivazioni per cui i giovani iniziano l’esperienza dell’oratorio: il piacere di stare con i bambini, di passare del tempo con gli amici, di essere gratificati, di seguire l’esempio di precedenti animatori. Ma tutti questi motivi, pur così diversi, esprimono una medesima, comune esigenza: fare qualcosa di stimolante per la propria vita, “non sentirsi soli, ma necessari”, amare ed essere amati.Nel condividere il bisogno dei bambini, quindi, gli Animatori e gli Educatori imparano a scoprire il proprio bisogno radicale, la propria umanità. Tale bisogno non va confuso con uno “stato d’animo”, mutevole e fluttuante, perché è radicato in modo permanente nella struttura stessa della persona, anche se deve essere risvegliato costantemente, cioè educato.
Scelta. L’oratorio dunque “non è solo una vocazione al servizio dei bambini e dei ragazzi”, ma un luogo in cui essere educati a rimanere fedeli alla propria natura e a riconoscere in Cristo il suo compimento: “Credo che la maggiore crescita avvenga durante i confronti nelle riunioni fra animatori”. “Terminato il catechismo, i ragazzi tendono ad allontanarsi dalla Chiesa: l’oratorio permette ai giovani di riconquistare la propria fede con nuove modalità”.
Questa esperienza tende a dare un’impronta a tutta la vita e a condizionare le scelte, come è accaduto ad alcuni che, ad esempio, hanno scoperto la propria vocazione all’insegnamento e hanno scelto con questo obiettivo la facoltà universitaria. Altri ammettono che “è ancora troppo presto per capire se essere educatore possa diventare una scelta di vita”, ma si dichiarano disposti “ad accettare ogni occasione che essa ponga davanti”.