Cattedrale gremita lo scorso mercoledì 28 marzo per la solenne celebrazione della S. Messa Crismale presieduta dall’Arcivescovo di Pesaro monsignor Piero Coccia e concelebrata da tutto il clero pesarese e dal Cardinale Antonio Maria Veglio, presidente emerito del Pontificio Consiglio dei Migranti e Rifugiati. Numerosi i temi trattati dall’Arcivescovo nella sua omelia di cui ripercorriamo i passaggi salienti.
Missione. Questa liturgia si pone anche come forte “sollecitazione” per tutta la nostra Chiesa particolare, chiamata a scoprire e a vivere la propria vocazione, la propria consacrazione e la propria missione. Ma noi come Chiesa di Pesaro siamo in grado di compiere la missione che ci attende e che Cristo ci ha affidato? Come Chiesa particolare stiamo vivendo una stagione che a prima vista potremmo definire di difficoltà. Abbiamo pochi sacerdoti, pochi consacrati e consacrate, nessun seminarista. Per di più percepiamo in maniera evidente e crescente i segni di una scristianizzazione che è rilevante anche nel tessuto socio–culturale di Pesaro. Eppure nonostante tutto ci sentiamo, perché lo siamo, una Chiesa che, sostenuta e fortificata dallo Spirito, è in grado di vivere fino in fondo l’esperienza della propria missione.
Priorità. Ma quali sono le priorità che attendono la Chiesa di Pesaro per annunciare il Cristo? La priorità è quella di fare una esperienza sempre più profonda del mistero del Cristo passando da una fede che non poche volte sa di convenzione ad una fede di convinzione matura. Inoltre la nostra Chiesa è chiamata a consolidare ed ad allargare il numero delle unità pastorali. Oltre alle quattordici già costituite, delle altre si profilano all’orizzonte. Ciò comporta un radicale cambiamento di mentalità da parte dei sacerdoti e delle comunità parrocchiali chiamate a vivere la difficoltà dovuta alla scarsità del clero nell’ottica di una vera opportunità, per crescere in una fede vissuta nella dimensione della comunione, della corresponsabilizzazione e della collaborazione.
Cattolicità. Il numero sempre più ridotto dei sacerdoti diocesani e la coscienza chiara che non ne avremo di nuovi nel prossimo futuro, ci impongono a fare appello alla generosità di Chiese sorelle di altre nazioni. Il che vuol dire che la presenza di sacerdoti stranieri nelle nostre diocesi è destinata ad aumentare. Anche in questo caso occorre aprire, come già sta avvenendo, il cuore e l’intelligenza all’accoglienza di presbiteri che sono tra di noi per aiutarci dia crescere nella fede. Del resto non possiamo dimenticare quanto diciamo nel credo: “Credo nella Chiesa una, santa, cattolica (universale) apostolica”. Anche questa esperienza ci fa toccare con mano la cattolicità della Chiesa.
Laicato. Da ultimo appaiono sempre più urgenti la formazione e la valorizzazione dei laici nelle varie forme di ministerialità. La loro presenza nelle nostre comunità non può essere vista e vissuta solo come forma di volontariato collaborativo. Occorre nei loro confronti un sempre più convinto coinvolgimento nella corresponsabilizzazione per il bene di tutta la comunità. A questo riguardo sollecito un forte passo in avanti, dal momento che nella nostra Diocesi molto si è fatto ma molto manca da fare.