A guardarlo posare placido e possente sotto la bella neve dei giorni scorsi ci si emoziona: viene da pensare ai tanti inverni che avrà sopportato e soprattutto alle troppe primavere attese! È una storia travagliata quella del castello di Montelabbate, edificato nella notte dei tempi in un posto straordinario eppure così corruttibile. Fragile forse come tutte le cose belle di questo mondo.
Storia. Nelle sue origini, come vuole il nome, c’è un potente abate benedettino. O forse c’è solo un manipolo di poveruomini di valle, spinti lassù da un fiume irrequieto che insidiava le loro misere case. L’epoca d’oro del castello di Montelabbate rimonta senza dubbio ai tempi dei Malatesta e degli Sforza, quando per la sua posizione strategica fu più volte al centro di avvenimenti importanti. Poi vennero i secoli dei Della Rovere e dei nove conti Leonardi che tennero il dominio fino all’arrivo della tempesta napoleonica. Ogni signore lasciò nel fortilizio un segno del proprio dominio: un tratto di mura, un bastione, una chiesa, un palazzo o un campanile. Ma a un tratto il terreno incominciò a franare, si diceva per via del fiume che con le sue acque lambiva la collina, e per il castello di Montelabbate cominciò un lento e inesorabile declino.
Restauro. La recente conclusione dei lavori del tratto di mura adiacente al bellissimo torrione di levante non può che rallegrare. Il merito va tutto all’amministrazione che in questi anni ha lavorato con solerzia per condurre a termine un intervento intrapreso nel lontano 2009 e davvero irto di ostacoli. C’è da rallegrarsi – a dire il vero – più per il rinnovato interesse che si sta destando attorno a questo bene che per il genere di intervento compiuto. La ricostruzione ex novo di un intero tratto di mura, infatti, non può considerarsi un restauro ma un passo – doloroso quanto necessario – al quale si giunge quando non s’interviene tempestivamente nella cura e nella conservazione. Che dire: speriamo quantomeno di avere imparato la lezione! D’altra parte i problemi del castello di Montelabbate non sono finiti. Rimane anzitutto il grande dramma del moto franoso che da secoli affligge la collina verso valle e che di recente ha mandato in rovina il piccolo torrione di nord-ovest. Resta il problema della vegetazione che infesta e danneggia un lungo tratto di mura. E resta, infine, l’urgente necessità di provvedere al consolidamento dell’intero complesso di levante (torrione sforzesco, oratorio di San Rocco e altre piccole strutture del XVI secolo): ciò che di più rilevante e caratteristico rimane del fortilizio.
Cultura. Certo, si tratta di interventi enormi che – coi tempi che corrono, poi – hanno bisogno di molti anni di lavoro e tanta tenacia. C’è da confidare però che, sull’onda di questo primo risultato, si metta mano all’elaborazione di un progetto generale – meditato e possibilmente condiviso – per il recupero e la valorizzazione dell’intera area. Penso che sarebbe un bel segnale di responsabilità da parte dell’amministrazione: solo così il lavoro e gli sforzi finora compiuti potranno avere un senso e una prosecuzione. Dobbiamo farcela! Il recupero di questo luogo dimenticato non è un vezzo o un lusso inutile, ma un’operazione culturale importante, anzi fondamentale per schiudere Montelabbate e il suo territorio a un modello di sviluppo nuovo, sostenibile e certamente ricco di interessanti prospettive.