Non posso esimermi dal dedicare l’editoriale ad un amico vero e discreto del settimanale interdiocesano, ma con trepidazione dopo aver letto il ritratto perfetto nel suo genere di Franco Bertini sul Resto del Carlino. Mi assolverà se mi permetto di usarlo a mio piacimento. Giorgio Giorgetti, prete di quartiere, se n’è andato senza preavviso in bicicletta incontro a Colui che lo aspettava dietro l’angolo di un vicolo della città. Quasi un agguato per attirarlo a sé, similmente disarciona da cavallo sulla via di Damasco Saulo per farne un apostolo. Delinearne la figura, semplice e al medesimo tempo complessa, non è per niente facile. Tiene in mano il libro e lo scalpello, discute coi dottori e dialoga con gli analfabeti, siede a tavola con il ricco e con il povero, preme sui pedali della bici e sui pedali dell’organo seicentesco nella chiesa del “Nome di Dio”. Passa con disinvoltura tra il sudore e lo stupore, dal vernacolo all’aramaico. Scarpe grosse e cervello fino. Aperto a qualsiasi dibattito, è l’intelligenza che lo rende conciliante. A Roma nel 1976, il Direttore del Capranica parlando di don Giorgio, ospite del Convitto quando frequentava l’Istituto Biblico, così mi confidava “…umile, accogliente, generoso, sensibile verso gli ultimi, distaccato dagli onori e dal denaro, il migliore negli studi.”. A differenza dei suoi compagni non ha fatto carriera.
Sopporta la sofferenza nella lunga e grave malattia con virtuosa noncuranza mentre nell’insofferenza critica a causa di alcune iniziative delle diocesi su cui esprimeva giudizi severi è il solito Don, uomo remissivo e sapiente. Suo segreto non pacifico è l’evangelizzazione: sa bene chiaramente che prima viene la Parola e poi la luce, prima la Parola e poi la scrittura, prima la Parola e poi l’annuncio come racconto sullo stile dei Vangeli vale a dire degli Apostoli, Vangelo sine glossa che si fa storia, storia della Salvezza. Non si tratta di sottrarre il Vangelo alla celebrazione e alla liturgia ma di portarlo dai sottotetti sopra i tetti cioè nei vicoli nelle vie nelle piazze, magari in bicicletta, con lo zelo di “Prendi e mangia”. All’ultimo incontro vorremmo dare un senso profetico: don Giorgio che entra nel cuore della cattedrale e riaggrega l’autentico popolo pesarese, paradigma del Popolo di Dio.
Raffaele Mazzoli