È la classica foresta che cresce senza far rumore ma così preziosa per il nostro vivere quotidiano. E così capita che l’incontro di domenica scorsa, il 25 settembre, nel piccolo centro di Borgo S. Maria sulle colline pesaresi, non faccia alcuna notizia sui mezzi di informazione spesso più attenti alle feste di partito o alle trovate commerciali dal sapore elettorale, spot luccicati adatti alle brevi estati assolate. E così ci siamo persi una cronaca bianca che invece riguarda ciascuno di noi più di quanto non si pensi. Il tema dell’immigrazione, della paura dello straniero, del terrorismo non può ridursi solo al racconto dei numeri della cosiddetta “invasione” di immigrati nel nostro territorio. O esplodere in concomitanza di fatti di cronaca nera.
Va detto a gran voce che nel nostro territorio esiste da anni un percorso laborioso di dialogo culturale concreto. Un seme prezioso che sta crescendo grazie alla cura di centinaia di uomini, donne (e bambini) di buona volontà che operano spesso nel silenzio per costruire un futuro di pacifica convivenza per i nostri figli. Segnali importanti come l’ora di Corano avviata dall’istituto paritario cattolico “La Nuova Scuola” di Pesaro (vedi pagina 8).
In centinaia alla camminata dell’amicizia
Da tanti anni, nel periodo a cavallo tra l’ultima settimana di settembre e la prima di ottobre, la parrocchia di Borgo S. Maria di Pesaro organizza la “Festa Insieme”, un momento per dare inizio all’anno liturgico e a tutte le attività che ne conseguono. Il dialogo interreligioso è stato il fulcro attorno al quale si è pensata tutta la giornata iniziata alle ore 11 con una S. Messa ecumenica concelebrata dal parroco don Giorgio Paolini e dall’anglicano laico Steven. Presente anche il coro anglicano vestito a festa, con abiti tipici nigeriani, che ha condiviso i vari momenti liturgici. Il Vangelo di domenica ha aiutato a riflettere sulla ricchezza e la povertà (parabola di Lazzaro e il ricco Epulone). E il pensiero è andato alle tante persone che ogni giorno cercano rifugio nel nostro paese mettendo a repentaglio la loro vita, alla ricerca di una vita più dignitosa. L’offertorio ha segnato forse il momento di condivisione più profonda quando due ragazzi profughi in rappresentanza dei cattolici, un anglicano ed un ortodosso hanno simbolicamente unito le loro forze per interrare una pianta di fiori, simbolo di bellezza nella diversità, accoglienza e unità fra i popoli.
Dopo la Messa si è svolto un pranzo fraterno al quale si è unito, in rappresentanza della comunità musulmana, l’Imam di Montecchio Abderrahim Troumi mentre nella preghiera iniziale Steven ha ricordato che Dio è lo stesso per tutti: “Un Solo Dio” che ci guida e ci sorregge. Nel pomeriggio si sono susseguiti numerosi momenti come la “Camminata dell’Amicizia”, giunta quest’anno alla sua 8^ edizione e accompagnata dagli stimoli offerti da Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura e tutela del creato. “Usiamo misericordia verso la nostra casa comune”, è stato il tema centrale della camminata dove Cristiani Ortodossi, Anglicani e Cattolici, assieme ad un nutrito gruppo di fedeli Musulmani, hanno riflettuto su alcuni temi centrali del messaggio del Papa: “Quanta poca cura hanno gli esseri umani del meraviglioso giardino rigoglioso donato da Dio; quanto abbiamo peccato sfruttando il nostro pianeta in maniera miope ed egoista”. E poi l’invito a comportamenti concreti, rispettosi, ad esempio nel trattamento dei rifiuti e nel risparmio di risorse preziose come l’acqua, per lasciare alle generazioni future un mondo più sano e vivibile. “Nonostante i nostri peccati, non dobbiamo smarrire mai la speranza: il Creatore, non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto d’amore, e non si pente di averci creato. Il suo amore ci invita e ci conduce sempre verso nuove strade”.
Tutti coloro che hanno partecipato alla passeggiata si sono poi riuniti ai bambini per una merenda insieme. Dalle ore 17 si è svolta poi una manifestazione sportiva ispirata ai sani e costruttivi principi di “Sportmeet”, giunto alla sua terza edizione, che promuove lo sport come luogo di incontro e non di scontro e che ha coinvolto circa 70 bambini dai 4 ai 13 anni. Per noi che l’abbiamo pensata – spiegano gli organizzatori – il regalo più bello è stato il sorriso dei bambini; tutti insieme per divertirsi senza distinzione di religione o di razza e alla fine una bella premiazione con un piccolo pensiero per tutti, perché loro sanno che in questa manifestazione l’importante è partecipare e non vincere». Tutto questo si è realizzato grazie al coinvolgimento di più di 30 giovani animatori di età compresa tra i 15 e i 20 anni che hanno condiviso con i bambini e le loro famiglie spettatrici i sani valori legati allo sport.
L’Islam che non fa paura
In contemporanea all’avvenimento sportivo, gli adulti hanno partecipato alla tavola rotonda sul tema “L’Islam che non fa paura” con la presenza di Roberto Catalano, tra gli autori del libro “L’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani”. Tra i relatori il vicario generale dell’Arcidiocesi di Pesaro don Stefano Brizi che ha portato il saluto di mons. Piero Coccia, e che ha proposto di operare su un triplice cammino: confrontarsi con persone di religioni diverse; conoscenza reciproca perché le paure sono alimentate da una mancanza d’informazione; compiere cammini che perseguono strade di pace. Don Stefano ha concluso il suo intervento con il messaggio di Papa Francesco pronunciato ad Assisi lo scorso 20 settembre: “Abbiamo sete di pace, abbiamo bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio, a noi spetta invocarla, accoglierla, costruirla ogni giorno…”. Roberto Catalano, co-responsabile del Centro Internazionale per il Dialogo Interreligioso del Movimento dei Focolari, ha spiegato che il libro è nato dalla collaborazione con Michele Zanzucchi, caporedattore della rivista cattolica “Città Nuova”. Dopo gli attentati di Parigi, si sono incontrati con gli amici cristiani, musulmani e laici, ed è nato questo libro realizzato da persone che credono nel dialogo. La parola chiave che emerge è “paura” perché gli attentati alimentano appositamente un clima di odio e terrore. Il fine del libro è di contrastare l’idea dello scontro di civiltà. Il problema è piuttosto legato all’ignoranza. È infatti la paura che impedisce di conoscere l’altro per ciò che è.
Youssef Id Abdelkader ha spiegato che per i musulmani la paura maggiore è quella di essere accusati di crimini che non hanno commesso «anche noi – ha detto – condanniamo tutti gli atti terroristici perché la nostra religione già dal principio li condanna». Come risolvere queste paure? Se uno è ben cosciente dell’Islam, della sua religione, non va in Siria a combattere la cosiddetta “Guerra Santa”, uccidendo i musulmani; il problema di fondo è quindi l’ignoranza. «Se consideriamo i giovani di 2^ e 3^ generazione,- ha aggiunto – troveremo che il 99% di loro non parla l’arabo con la conseguenza che, non sapendo leggere l’arabo non è possibile interpretare il Corano nella giusta maniera».Franklin Onyemah, ministro anglicano, ha sottolineato ciò che hanno in comune tutti i fratelli pur nelle reciproche diversità: «L’amore di Dio, dobbiamo amare ognuno l’altro».Da oggi – è stato detto – i fratelli musulmani qui a Pesaro-Urbino predicano con gli altri perché si comprenda che l’Islam è una religione di pace.
Sara Mengucci, assessore ai servizi sociali del Comune di Pesaro, ha esposto, dal punto di vista istituzionale, il modello di convivenza italiano basato sull’accoglienza e strettamente legato al mondo dell’associazionismo. «A livello di comunità locale – ha detto – a Pesaro opera il Centro coordinato dal Ceis. Ci sono progettualità sul tema dell’immigrazione, delle emergenze umanitarie, perchè i profughi che non devono essere lasciati solo all’emergenza, ma considerati come risorsa». La Mengucci ha poi informato come il Comune di Pesaro sia stato selezionato dall’università di Roma per le buone prassi d’accoglienza e le collaborazioni con Auser e Legambiente. Dopo i relatori, il dialogo si è arricchito di esperienze, domande, testimonianze dei presenti. Roberto Catalano ha infine proposto di suggellare questo tipo di convivenza sul territorio e di essere coinvolti tutti come “costruttori di ponti”. La giornata si è conclusa con la cena etnica, preparata dalle comunità africana e musulmana che hanno allestito stand gastronomici con loro specialità.