La vita del sacerdote richiede tre esperienze
La chiesa che è in Pesaro questa sera rende grazie al Padre attraverso Cristo e nello Spirito in modo del tutto particolare, perché due suoi figli Giuseppe ed Andrea vengono ordinati presbiteri per svolgere il loro ministero sacerdotale a vantaggio del popolo santo di Dio. Sentita e condivisa sia dunque la nostra lode al Signore per questo immenso dono che ci fa consapevoli che gli occhi della sua misericordia tanto invocata, si sono posati sulla nostra chiesa locale. Ma la suggestiva e impegnativa liturgia dell’ordinazione presbiterale cosa sta a dire ai novelli sacerdoti e a tutta la comunità cristiana? Questa celebrazione sta a ricordarci che la vita del sacerdote richiede tre esperienze: quelle della responsabilità, della libertà e della totalità, dal momento che il sacerdozio è dono e compito nello stesso tempo. E’ quanto le letture bibliche, ora proclamate, ci hanno indicato.
La responsabilità
Il primo libro dei Re (1 Re 19, 16b. 19-21) ci ha fatto meditare la figura di Elia che chiama come suo successore nel ministero profetico Eliseo. In questo brano colpisce la responsabilità (da “respondere” che significa “dare risposta”) del giovane Eliseo il quale, dopo aver salutato i genitori, ucciso un paio di buoi ed averne dato la carne al popolo, si mette a completo servizio del Signore.
Cari Giuseppe ed Andrea, anche voi siete stati chiamati dal Signore. Questo è e rimane un mistero dovuto alla bontà misericordiosa del nostro Dio. La vocazione tra l’altro si è manifestata per ciascuno di voi in condizioni del tutto particolari ed originali. Ma cosa il Signore vi chiede con l’ordinazione sacerdotale? Vi chiede di dare risposta alla sua chiamata in maniera continuativa, mettendo la vostra persona a servizio della comunità con grande responsabilità. Quanto è accaduto ad Eliseo accada anche a voi.
La vita del sacerdote ha un indiscusso fascino, ma esige una risposta pronta a quanto il Signore in tante modalità, e soprattutto attraverso le esigenze della comunità cristiana, vi chiede. Vi guidi la certezza che fare la volontà del Signore dona la pienezza della gioia e della serenità interiore. Questi sono beni ineguagliabili ed irraggiungibili per altre strade.
Sia chiaro per voi dunque che la risposta alla chiamata del Signore non si è esaurita con l’entrata in Seminario e con il cammino formativo che esso vi ha offerto. Tale responsabilità ha un prolungamento che abbraccia tutta la vostra vita di sacerdoti a servizio della chiesa che è in Pesaro.
La libertà
La lettera di San Paolo ai Galati (5, 1. 13 – 18) ci ha ricordato che noi non siamo più schiavi della carne ma liberi. Tuttavia questa libertà, ci ricorda Paolo, è frutto dello Spirito a noi dato attraverso i sacramenti, tra cui quello dell’Ordine sacro. Severe e nel contempo confortanti sono le parole dell’apostolo: “La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicchè voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito non siete sotto la legge”.
Cari Giuseppe ed Andrea il sacerdozio vi chiama a vivere secondo lo Spirito e non secondo la carne, termine questo da cogliere in tutta la sua valenza biblica.
Voi come sacerdoti vivete nel mondo, tuttavia, dice Gesù, non siete del mondo. A voi dunque si chiede di sentire, di amare, di valutare e di agire secondo il Cuore del Cristo. Del resto lo Spirito ci introduce sempre più al mistero del Cristo per sperimentarlo ed incarnarlo. E lo spirito del Cristo non è quello del mondo.
L’esperienza ci dice che a volte nel suo percorso umano e ministeriale, il sacerdote è dibattuto tra il desiderio della carne, cioè del sentire e pensare in chiave puramente umana e quello dello Spirito. Non dimentichiamo però che Cristo ci ha liberati per la libertà. Tale esperienza è possibile quando ci lasciamo abitare e guidare dallo Spirito. A questo riguardo la scelta di campo è obbligata. La vostra vita ed il vostro ministero siano dunque in ogni situazione dominati dalla forza dello Spirito per essere liberi e non schiavi della carne, intesa in tutte le sue espressioni e realizzazioni.
La totalità
Il Vangelo di Luca (9, 51 – 62) ci riferisce l’esperienza della chiamata di alcuni discepoli compiuta da Gesù. Quello che colpisce di questo brano evangelico, sono le condizioni che Gesù detta perché la risposta alla sua chiamata si realizzi in pienezza. Di fronte ad una auto – proposta ”Ti seguirò dovunque tu vada”, la risposta di Gesù è chiara: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo”. Altrettanto determinata è la sua risposta di fronte ad una richiesta che sa molto di trattativa:“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va e annuncia il Regno di Dio”. Perentoria è poi l’affermazione che configura la condizione essenziale richiesta da Gesù: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è per il Regno di Dio”.
Cari Giuseppe ed Andrea la vita ed il ministero sacerdotale richiedono un’adesione radicale e totale della persona al Signore e alla comunità cristiana a cui si è destinati, senza incertezze. Se nella vita del sacerdote mancano radicalità e totalità, si è destinati all’esperienza di una penosa tristezza, di una malcelata sopportazione e forse anche di ripensamento della propria scelta di vita.
Preghiera, Parola, Eucaristia
Arrivati fin qui poniamoci una domanda. Come è possibile vivere il sacerdozio nella responsabilità, nella libertà e nella totalità, così come la liturgia di oggi ci propone? La risposta è una sola. E’ possibile attraverso una vita interiore sostenuta dalla preghiera, alimentata dalla Parola, nutrita dall’Eucaristia e quindi costantemente radicata e centrata sul mistero del Cristo. L’esperienza ci dice che nella vita del sacerdote solo con la preghiera, con la parola e con l’Eucaristia vengono generati sentimenti e comportamenti pro-attivi piuttosto che protettivi o regressivi. Giovedì 3 giugno solennità del S. Cuore di Gesù, in occasione del Giubileo dei Sacerdoti, nella celebrazione eucaristica del mattino in Piazza S. Pietro, Papa Francesco ha posto a tutti noi sacerdoti una domanda bruciante: “Dove è orientato il vostro cuore?” Aggiungendo che questa domanda come sacerdoti dobbiamo porcela ogni giorno ed in ogni istante convinti che, come dice Gesù, “dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6, 21).
Cari sacerdoti, il nostro unico tesoro è il Cuore di Gesù. E’ in questo Cuore che scopriamo l’amore senza confini che non si stanca e non si arrende mai; è in questo Cuore che vediamo il continuo donarsi, senza limiti; è in questo Cuore che troviamo la sorgente dell’amore fedele e mite, che lascia liberi e rende liberi; è in questo Cuore che ci sentiamo sicuri di essere accolti e compresi così come siamo.
Cari Giuseppe e Andrea centrati e concentrati su di Lui, il vostro cuore sarà gioioso e libero dalle suggestioni del momento, dalla ricerca di fatui consensi o di deludenti soddisfazioni.
Grazie del vostro dono
Rimanga pertanto il vostro cuore saldo nel Signore, avvinto dallo Spirito, disponibile ai fratelli a cui la chiesa particolare attraverso il suo Pastore vi destinerà. Il vostro cuore conosca solo due direzioni: il Signore e la gente. Termino ringraziando le famiglie di Giuseppe e di Andrea per la generosità con cui hanno donato alla chiesa i loro figli. Ringrazio tutti gli apprezzati Superiori del Seminario Regionale di Ancona che tante energie hanno profuso per la formazione di questi giovani. Esprimo gratitudine alle comunità parrocchiali dove Giuseppe e Andrea hanno fatto una proficua esperienza pastorale e spirituale e a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito al loro cammino vocazionale. La Beata Vergine delle Grazie e S. Terenzio nostri patroni, vi accompagnino nell’esercizio del vostro ministero nella chiesa e per la chiesa che è in Pesaro. Sia lodato Gesù Cristo.
S.E. Mons. Piero Coccia – Omelia in occasione dell’ordinazione sacerdotale di don Giuseppe Leone e di don Andrea Marescotti (Pesaro, Cattedrale – Basilica, 25 giugno 2016)