IL PAPA & IL PRESIDENTE
di Domenico Delle Foglie
Simpatia, sobrietà e sintonia. In queste tre parole si può racchiudere il significato della prima visita in Vaticano del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per incontrare Papa Francesco.
Simpatia che è il frutto diretto di quell’affetto che giorno dopo giorno, come testimoniato da Mattarella, cresce nel popolo italiano verso un Papa “preso dalla fine del mondo”. Un Papa che sin dal suo primo incontro ha saputo stabilire un rapporto tanto diretto, quanto profondo fra il vescovo di Roma e il suo popolo. Una simpatia, quella tra il Papa e il Presidente, che traspare dai sorrisi e dalla semplicità dell’approccio. Da quella familiarità ben testimoniata dalle parole di Francesco e carpite dai microfoni aperti: “Mi presenti la sua bella famiglia”. E che di una normale famiglia italiana (e cattolica) lo si capisce da quei cinque nipoti che il Presidente ha voluto con sé. Sempre a tre passi di distanza, c’è sua figlia Laura, giurista in una famiglia di giuristi. Per loro il Papa ha parole e gesti semplici e cordiali.
Sobrietà di due uomini che non amano il fasto delle istituzioni e che ne interpretano, ciascuno nella propria autonomia istituzionale, la dimensione più pura di servizio. Una propensione che a loro avviso non ha bisogno di particolari forme esteriori, quanto di una sollecitudine che dalle istituzioni si trasferisce ai singoli, alle famiglie, alle diverse articolazioni sociali. A loro si offre l’esempio della sobrietà personale come forma di rispetto verso un mandato che è innanzitutto servizio e non esaltazione autoreferenziale.
Sintonia sulle grandi emergenze del tempo e che mettono a dura prova la pace, la democrazia e la coesione sociale. Innanzitutto la mancanza di lavoro soprattutto per i giovani. Per loro il Papa ha parole accorate ed evoca “un grido di dolore che interpella i pubblici poteri, le organizzazioni intermedie, gli imprenditori privati e la comunità ecclesiale, perché si compia ogni sforzo per porvi rimedio, dando alla soluzione di questo problema la giusta priorità. Nella disponibilità del lavoro risiede infatti la stessa disponibilità di dignità e di futuro”. Mattarella non si sottrae e mostra tutta la sua sintonia con il Papa evocando la mancanza di lavoro come “un dramma” che insieme con “le nuove povertà che affliggono le periferie della vita” rischia “di inghiottire il futuro di una nuova generazione”. Sintonia riconfermata anche sul tema dell’accoglienza dei profughi per i quali Mattarella chiede una più incisiva azione dell’Europa, come sul ruolo della famiglia, fulcro della solidarietà sociale.
Qui ci fermiamo per introdurre una riflessione: più volte nelle cronache e nei commenti, soprattutto televisivi, abbiamo registrato l’arruolamento di Mattarella nella tradizione dei cattolici democratici, dei “cattolici adulti” alla Prodi e ancora nella “frontiera del cattolicesimo sociale”. A noi piace ricordare che è difficile decifrare Sergio Mattarella, staccandolo dalla storia e dal percorso di Aldo Moro. Non a caso, il Presidente non ha mai smentito chi ha visto in lui “l’ultimo dei morotei”. Dunque, un uomo dell’ascolto e del dialogo anche nelle istituzioni e nel rapporto con le altre istituzioni. Un uomo che, da cattolico, sa che nella cifra dell’ascolto e del dialogo sta anche il rapporto con una istituzione millenaria come la Chiesa. Qui, e non altrove, va cercata la ragione della sintonia profonda tra Francesco e Mattarella. Grazie anche al convinto riconoscimento delle rispettive autonomie, nel solco dei Patti Lateranensi e delle buone pratiche maturate dal Concilio Vaticano in poi.
Come cittadini e come credenti non possiamo non essere grati (e immaginiamo lo sia anche il presidente Mattarella, che tutti ci rappresenta) per l’invocazione finale di Papa Francesco: “Dio protegga l’Italia ed ogni suo abitante”.