PERGOLA – Come ogni anno, grande è stata la partecipazione ai due giorni di formazione per educatori dei ragazzi ed animatori dei giovani promossi dall’Azione Cattolica diocesana. Lo scorso weekend, infatti, a Pergola, si è parlato della bellezza rinnovata della Chiesa post-conciliare e della spiritualità di chi si fa carico del compito educativo. Due pilastri della formazione, specialmente nell’anno della fede, in cui ricorre inoltre il cinquantesimo anniversario dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Nella sera di sabato 17 novembre, presso la “Sala dell’Abbondanza” messa a disposizione dall’amministrazione pergolese, il monaco camaldolese Salvatore Frigerio e la consigliera nazionale di AC Laura Giombetti sono entrati nel vivo del clima storico attraversato dalla Chiesa da cinquant’anni a questa parte, per poi approfondire cosa il Concilio ha voluto lasciare al mondo.
«Abbiamo imparato che crediamo in un Dio che si consegna alla storia con tutte le contraddizioni che ne fanno parte. – ha detto Frigerio – Dio, infatti, vuole manifestarsi nel presente tramite noi, con tutti i limiti che ci sono propri». Non più una concezione verticistica dunque, ma una Chiesa in cui ognuno è attore corresponsabile di quella che, come l’ha definita il monaco, non è una religione, bensì una fede che, di per sé, ha una natura sovversiva.
«La scelta religiosa dell’AC, in definitiva, pone al centro la globalità della persona, proponendo un cosiddetto itinerario “a tre dimensioni”: liturgia, catechesi, carità», ha detto Giombetti, collegando l’innovazione conciliare con quello che ha significato all’interno dell’Azione Cattolica che, in quegli anni, ha pensato di rifondarsi totalmente, fornendosi addirittura un nuovo statuto.
Grande attenzione, da parte dei presenti, anche per la tematica affrontata nella giornata di domenica 18, in cui don Andrea Franceschini, sacerdote di Senigallia, con l’aiuto di due suoi amici, ha spiegato cosa, secondo lui, significa costruirsi una propria regola spirituale. L’oratorio di Pergola, che ha ospitato questa sessione di lavori, ha visto molti dei presenti sorpresi nel momento in cui don Franceshini ha detto che la regola di vita che ciascuno deve darsi non può puntare a degli obiettivi lontani dalle proprie abitudini. Niente di nuovo, però, se si pensa che al centro di questo cammino di conoscenza di Dio c’è proprio la persona che, quindi, è chiamata a confrontarsi con i suoi limiti e a superarli a piccoli passi. «Il percorso verso la santità deve metterci allegria», ha detto don Andrea, facendo propri i consigli di don Giovanni Bosco e Domenico Savio, oggi santo.
Una ricetta fatta di tanti ingredienti, come la vicinanza alla persona e la scoperta della missione di ognuno di annunciare il Vangelo, nel rinnovato contesto di una Chiesa intesa come compagna e non come mera gerarchia. Con questo bagaglio, forse, insieme si potrà crescere come fratelli, figli di una Chiesa che, prima di partire, ascolta e sa far sentire la sua vicinanza.
Matteo Itri