Il Nuovo Testamento ci presenta una visione molteplice della “missione”. Da una parte si fa scaturire il tutto dal mandato/comando di Gesù Risorto agli apostoli ad andare in tutto il mondo (come in Matteo cap. 28), dall’altra si dice che tutto dipende dall’attrazione che la comunità cristiana dovrà esercitare coltivando e vivendo al suo interno un vero clima di amore fraterno (come in Giovanni cap. 17). Sono due facce della stessa medaglia: l’unità dei cristiani e l’invio nel mondo.
Unità. Gesù ha pregato: “Che siano una cosa sola perché il mondo creda”. Prendersi cura dell’unità nella Chiesa, tra le Chiese e i cristiani significa accogliere e dare spazio a quello stile di evangelizzazione che avviene “per attrazione” (cf Atti degli apostoli, capp. 2 e 4). D’altra parte ogni unità nell’amore di Cristo tende a comunicarsi e a farsi dono agli altri fino agli estremi confini della terra. Perché non sentiamo il grande valore di questi due aspetti della vita e missione della Chiesa, troppo spesso lasciati disgiunti fino a considerare l’ecumenismo come qualcosa di opzionale? Il Papa in Evangelii Gaudium (nn. 100-101) sottolinea invece lo stretto rapporto tra i due: chi vogliamo evangelizzare se siamo divisi tra noi?
Cristianesimo. La sfida va presa sul serio. I primi passi del movimento ecumenico nella storia contemporanea sono nati proprio dalla coscienza che una evangelizzazione da parte di Chiese cristiane in concorrenza tra loro non poteva che portare nelle secche del proselitismo. Il Concilio Vaticano II ha messo insieme i due compiti come strettamente collegati alla natura della Chiesa: l’unità dei cristiani (il Decreto Unitatis Redintegratio) e la missione “ad gentes” (il Decreto Ad Gentes). Nessun gesto autenticamente missionario può essere posto se insieme non è vissuto come unità nella Chiesa, tra le Chiese e tra i cristiani. Ne deriva che prendersi cura dell’impegno ecumenico è la stessa cosa che prendersi cura della missione.
Cammino. Lo zelo delle parrocchie e delle realtà ecclesiali in ambito missionario conosce ancora un grande fervore, non altrettanto la passione per soffrire, pregare e lavorare per la causa dell’ecumenismo: riconciliare conflitti piccoli e grandi nella Chiesa, tra le Chiese e tra i cristiani. A volte si tratta di divisioni che hanno alle spalle una storia plurisecolare, a volte hanno il tono di piccole vicende di casa. In un caso e nell’altro chi è battezzato porta con Gesù il dolce peso della preghiera al Padre perché tutti siano una cosa sola. Quei passi in uscita, immagine forte della missione, sono passi di fratelli e sorelle che vivono con gioia nella carità di Cristo.
Da qui nasce una responsabilità educativa che tocca ciascun credente in Cristo: convertirsi dal mondo dell’io al noi della Chiesa, popolo di Dio. È questo il primo esodo (uscita da sé) per andare verso l’altro e camminare insieme – sinodo – verso la meta, la pienezza della vita di Dio.
Servizio. Di recente un gruppo di giovani ha vissuto un’esperienza di servizio in una comunità cristiana dell’Etiopia. Mi è stato raccontato che per i bambini a scuola c’era, nel rispetto reciproco, la presenza degli ortodossi – antica presenza cristiana in terra d’Etiopia – dei protestanti e dei cattolici. L’evidenza di questo fatto può essere vissuta come dato ingombrante, come fonte di disagio oppure come motivo di stupore, come richiamo al cammino ecumenico della Chiesa per una missione conforme alla volontà di Gesù. Quanti studenti universitari, durante l’anno di Erasmus, si trovano gomito a gomito con giovani cristiani di altre Chiese (ortodosse, anglicane, protestanti, …). Anche qui si può sorvolare oppure prendere coscienza di ciò che è comune e ci unisce per una testimonianza credibile.
Traguardo. L’augurio è che ogni comunità parrocchiale, ogni diocesi, sia in grado di fare un patto che metta in luce concretamente come la stessa passione per la missione sia anche passione per l’ecumenismo. Occorre distinguere queste due realtà ma mai separarle, anzi unirle per distinguerle. Dovrebbe essere questo il senso di un cammino pastorale di maggiore comunione in ciascuna diocesi tra l’animazione missionaria e quella ecumenica. Per troppo tempo si sono ignorate, procedendo per strade parallele. È ora di prendere un passo nuovo, dettato da uno stile sinodale costruito insieme e in costante esodo verso le nuove frontiere dell’annuncio e della missione.
DON MARIO FLORIO (Direttore Ufficio Diocesano Ecumenismo e Dialogo Interreligioso – Pesaro)