Nei giorni scorsi il Presidente delle Repubblica ha nominato Liliana Segre senatrice a vita. In occasione del Giorno della Memoria, riportiamo le riflessioni condotte proprio da Liliana Segre lo scorso 11 gennaio a Milano per l’anteprima del libro “Siamo qui, siamo vivi”, la cui storia si intreccia strettamente col territorio pes
Ho seguito da vicino le vicissitudini che hanno portato alla pubblicazione di “Siamo qui, siamo vivi. Il diario di Alfredo Sarano e della sua famiglia scampati alla Shoah”. Un libro prezioso convertito da Roberto Mazzoli in un racconto comprensibile a tutti. Ma ho trovato difficoltà nello scrivere la prefazione perché mi sono sentita ancora più diversa di quanto la vita mi abbia segnato con quel numero tatuato ad Auschwitz sul mio braccio. Ho trovato eroico Alfredo Sarano che ha salvato centinaia di ebrei milanesi nascondendo ai nazisti l’elenco dei nomi ma non mi sono stupita delle brave persone di Mombaroccio e dei frati del Beato Sante. Però chi ho trovato davvero molto fortunata è la famiglia dell’ufficiale Erich Eder che ha salvato la famiglia Sarano dai campi di sterminio. Se penso alla colpa spaventosa della Germania, ai figli dei nazisti, a chi ha scelto l’indifferenza voltando la faccia dall’altra parte. Mi domando come, queste generazioni, abbiano potuto sopportare un fardello così enorme.
Ecco perché penso alla fortuna della famiglia di Erich Eder, un altro eroe. Purtroppo io ho visto l’orrore. Ho respirato l’odore della carne bruciata, ho incontrato centinaia di persone mandate alle camere a gas. Mai ho conosciuto un ufficiale che mi avesse dimostrato comprensione. Mi chiedo perché io ho trovato solo quelli che hanno sterminato la mia famiglia. Forse nemmeno le figlie di Sarano potevano immaginare quale evento fantastico avrebbero realizzato nel pubblicare questo diario oggi che dopo 70 anni dalla Shoah c’è chi ancora vuole mistificarla. Ecco perché ammiro la casa editrice S. Paolo, che ha scelto di pubblicare una storia ebraica a lieto fine. Un libro che è una pausa ristoratrice come un bicchiere d’acqua nel deserto. Una vicenda che fa bene allo spirito e che a distanza di tempo rappresenta un lenimento alle ferite inferte e mai dimenticate.