A sentire le previsioni, si sarebbe dovuto scaricare l’inferno su Mombaroccio nel pomeriggio di domenica 15 giugno, proprio quando Miriam e Vittoria, due delle tre figlie della famiglia Sarano, avevano programmato di rendere omaggio alla città che nel lontano 1944 aveva salvato i loro genitori dalla minaccia nazista. Era la cerimonia d’inaugurazione delle “pietre d’inciampo”, sampietrini di ceramica con i nomi dei protagonisti della storica vicenda, posizionati nel chiostro di San Marco, nel cuore del Castello di Mombaroccio. Ma la città e gli organizzatori dell’incontro, con il sindaco Angelo Vichi fresco di nomina, non si erano persi d’animo, perché il portico del chiostro e la chiesa sarebbero stati rifugi adeguati per la cinquantina di persone attese ad assistere alla cerimonia.
E il tempo ha voluto essere clemente. Scaricata l’ultima pioggia in mattinata, ha volto altrove la sua rabbia temporalesca, arretrando le nubi nelle regioni più lontane del cielo, come a offrire una tregua. Solo due effimere gocce d’acqua, pareva dicesse “ci sono anche io”, hanno salutato poco dopo le cinque l’arrivo delle sorelle Sarano, accompagnate dai loro mariti.
Nella sala del Consiglio Comunale si è svolto l’incontro, con uno scambio di omaggi e parole di rievocazione dei fatti drammatici ed emozionanti che si svolsero in quel tempo lontano.
Dal bosco che anche allora cingeva il convento del Beato Sante i tedeschi controllavano la valle del Metauro, sulla quale si erano affacciate da sud le forze alleate nel lento procedere della inesorabile riconquista della penisola. Nel convento i frati francescani, ben più numerosi di oggi, ospitavano qualche centinaio di rifugiati di guerra e in una casa poco distante la famiglia Ciaffoni teneva nascosti i Sarano, padre, madre e due figlie, ebrei sfuggiti alle retate. Tutti lo sapevano in paese. Tutti solidali e silenziosi.
Anche il comandante tedesco lo sapeva, ma aveva ben altri problemi che perseguitare gli ultimi ebrei rimasti vivi da quelle parti. Dall’alto della collina il sottufficiale della Wehrmacht Eric Eder inchiodava gli alleati sulle rive del Metauro e presto sarebbero arrivati i bombardieri a rinnovare il tragico rito di Montecassino. Avrebbero distrutto il convento, avrebbero fatto scempio di un luogo impregnato di energia spirituale, costruito quando ancora San Francesco era in vita, indifferenti a far strage di soldati nemici, religiosi e rifugiati. Così il sottufficiale decise di ripiegare, salvando il convento e la vita ai frati, ai rifugiati e agli ebrei. C’è anche il suo nome nelle pietre d’inciampo inaugurate domenica.
Più di sessant’anni dopo i giovani allievi della scuola “Barocci” hanno realizzato un cortometraggio che ricostruisce i fatti di allora. Documento premiato, che sta facendo il giro del mondo: Stati Uniti, Inghilterra, Israele. Per questo il Sindaco di Tel Aviv ha voluto donare una medaglia al suo collega di Mombaroccio, che ha ricambiato con un libro dedicato al pittore mombaroccese Ciro Pavisa. Per l’occasione Angelo Vichi ha voluto vicino a sé i Sindaci emeriti del Paese, perché, ha detto, “questo è un momento che appartiene a tutta Mombaroccio e all’intera sua storia”.
Hanno potuto presenziare solo due dei quattro predecessori ancora in vita, Teresa Uguccioni e Giancarlo Caporicci, ma il senso di appartenenza a un evento collettivo non è mancato. E infatti c’erano tutti: gli eredi della famiglia Ciaffoni, frate Tommaso, Padre guardiano del Beato Sante, la dirigente scolastica e neo assessore alle Politiche educative del Comune di Pesaro, Giuliana Ceccarelli, gli insegnanti della scuola “Barocci” Monica Sani, Beatrice Vincenzi, Michele Alexis, Elisa Buoncompagni, il giornalista Roberto Mazzoli che con le sue ricerche ha permesso di riportare alla luce la vicenda storica della famiglia Sarano, alcuni allievi che realizzarono il cortometraggio (per tutti ha detto due parole, chiare e incisive, l’ex alunna Chiara Vagnini, che ha scritto una tesi sulla famiglia Sarano) e il regista, Giorgio Ricci, forse il più emozionato di tutti.
Al momento della cerimonia d’inaugurazione nel chiostro, il tempo a voluto essere così benevolo che a tratti ha fatto trapelare persino uno sprazzo di sole. Così è stato aperto il varco sulle pietre d’inciampo che recano i nomi di Padre Sante Raffaelli, Erich Eder, Igino e Annetta Ciaffoni e la famiglia Sarano. è stata anche l’occasione per una visita al Museo di arte sacra, con la guida del Maestro d’arte Graziano Giangolini, che quel museo a contribuito a far nascere.
A cerimonia finita, quando ognuno si era rimesso sulla propria strada, il tempo ha ripreso possesso del territorio e dato sfogo ai suoi scrosci d’acqua.
Mauro Ferri – Vicesindaco di Mombaroccio