Ho sfogliato il testo per vedere quale immagine particolare di Chiesa ci offre “La lumen fidei” e contribuire in qualche modo all’aggiornamento pastorale che si svolge in questo periodo nelle nostre diocesi. Gesù è la Parola (Verbo) incarnata che offre in dono l’ascolto e la possibilità di dire “io credo” ed è proprio l’Enciclica “Lumen fidei” a far brillare la fede come esperienza personale del rapporto con Dio e nel medesimo tempo come esperienza ecclesiale. Infatti è scritto che “l’esistenza credente diventa esistenza ecclesiale” (Lf n. 22) e che il credente potrà percepirlo, per se stesso, solo dall’interno della comunità a cui appartiene e in cui vive, non come parte di un tutto anonimo ma dell’unione vitale di Cristo con i credenti e dei credenti tra di loro.
Nel servizio reciproco infatti ognuno guadagna il proprio essere e la propria individualità. Si capisce allora che la fede, come atto individuale, non trova lo spazio per sorreggersi, se non si professa dall’interno del “Corpo di Cristo in comunione con tutti i credenti”. È da questo luogo ecclesiale che il singolo cristiano si apre verso tutti gli uomini senza differenza di età, di sesso, di colore, di cultura e di censo. Non è un accadimento privato quello che nasce da un ascolto ed è destinato a diventare annuncio. “Ho creduto perciò ho parlato” (2 Cor 13). La fede si fa parola per gli altri e manda luce “che si rispecchia di volto in volto” come nella liturgia pasquale quando dal Cero si stacca una fiammella e va ad accendere, l’una dopo l’altra, tutte le candele. Così la trasmissione della fede brilla su tutta l’umanità: attraversa l’asse del tempo, entra nella memoria storica di generazione in generazione.
Si dice pure che non è possibile un’esatta conoscenza di sé se non si è immersi in una memoria più grande. Avviene così anche per quanto riguarda la fede.
Arriva a noi attraverso la testimonianza di altri, conservata viva in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa e che la successione apostolica ne garantisce l’integrità e la continuità. Si legge anche che è “impossibile credere da soli”: il credo non è un’opzione isolata e individuale tra Dio e l’uomo, ma diventa “un noi-comunione” talmente espressivo da caratterizzare tutto l’arco della liturgia. Ed è proprio nella liturgia che la Chiesa – comunità cresce nella sua pienezza.
Raffaele Mazzoli