Domenica 1 ottobre tutti i cristiani della parrocchia di Rosciano si sono riuniti per celebrare il rito della Dedicazione della chiesa e dell’altare. Il vescovo Andrea, che presiedeva, ha fatto subito capire a tutti la particolarità e la grandezza del momento: dedicare un edificio-chiesa a Dio significa consegnare alle mani di Dio una comunità, ma significa anche avere un luogo nel quale verificare l’autenticità della Chiesa.
Anche la presenza di diversi presbiteri, tra cui don Stefano e il diacono Marco, che tra pochi giorni verrà ordinato al Presbiterato, e di alcuni monaci di Montegiove, testimoniava l’importanza del momento.
Dedicazione. Il giorno della Dedicazione, infatti, entra nella storia della comunità di Rosciano, visto che questo giorno sarà, da quest’anno in poi, una solennità per quella Comunità parrocchiale.
Cosa significa questo Rito? È una celebrazione della Messa nella quale, con dei segni molto particolari, si vuole riscoprire nella chiesa-edificio il mistero della Chiesa fatta di noi cristiani e nell’altare quello che è il mistero di Cristo, fondamento della comunità.
Una delle novità che più hanno fatto e continuano a fare scalpore nella proposta cristiana è che la salvezza è stata realizzata da Gesù fuori del luogo considerato sacro. L’ultima cena e soprattutto la sua morte e resurrezione sono avvenute in una città certamente speciale ma in una semplice casa o addirittura fuori delle mura della città santa. Per dirla con le parole del vescovo Andrea, il perimetro del luogo dell’incontro con Dio si modifica.
Questo perché ormai è Gesù stesso il tempio vero e perfetto della nuova alleanza ed è Lui che raccoglie in unità il popolo che si è acquistato a prezzo del suo sangue.
Chiesa. La Chiesa fatta di persone e la chiesa fatta di mattoni non sono due realtà in contrapposizione tra loro. Anzi nella chiesa di mattoni la Comunità può specchiare se stessa e riscoprire la propria identità, la propria vocazione e la propria missione. Ecco perché anche il luogo nel quale la comunità si raduna si chiama “chiesa” e ad esso si presta una speciale attenzione. Ecco perché la chiesa viene “dedicata” (una volta si diceva consacrata) a Dio. Si legge nei documenti della Chiesa che questo rito «è giustamente annoverato tra le azioni liturgiche più solenni».
Riunirsi, fare memoria del battesimo che ci ha fatto diventare cristiani, la Parola di Dio che ci ha fatto incontrare quello che Dio ha operato tra gli uomini, sono stati i momenti iniziali del rito. Poi, dopo aver invocato i santi, la grande preghiera di dedicazione. Un testo meraviglioso che, dopo aver ricordato come Dio ha creato la Chiesa, con quali caratteristiche e scopi, invoca da Dio lo Spirito perché possiamo essere oggi la Sua comunità, fedele al Suo progetto, al servizio del Suo sogno di salvezza per tutta l’umanità:
«Questo luogo è segno del mistero della Chiesa … qui la santa assemblea celebri il memoriale della Pasqua e si nutra al banchetto della parola e del corpo di Cristo.
Qui lieta risuoni la liturgia di lode … qui il povero trovi misericordia … e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli».
Poi l’unzione dell’altare con il crisma perché l’altare è il segno di Cristo, il consacrato di Dio, l’incenso che sale a Dio come la nostra preghiera e manifesta la nostra dignità di figli di Dio, la tovaglia, i fiori e la luce e così l’altare è pronto per ricevere il pane ed il vino per l’eucaristia. Così si è giunti al culmine: noi, grazie all’eucaristia, diventiamo il Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Un segno resta permanente di questa dedicazione: le 12 croci alle pareti, che, simbolo dei 12 Apostoli, ci fanno sentire parte della grande Chiesa apostolica.