Tutti ricordano quando Francesco, venne a conoscenza del dissidio tra il Podestà e il Vescovo di Assisi. Nel contrasto – che sembrava insanabile – il Vescovo scomunicò il Podestà mentre il Podestà proibì a tutti gli abitanti di Assisi di avere relazioni e stilare contratti con il Vescovo. A tal punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente. Quando Francesco venne informato su questi fatti incresciosi, il Santo era allettato, perché malato. Nonostante la malattia Francesco si rivolse ai suoi frati dicendo: «Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il Vescovo e il Podestà si odino l’un l’altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia». L’Assisiate considera i fatti di Assisi una grande vergogna per tutti, ma in modo particolare per i frati, perché non si sono mossi a risolvere il dissidio – che Francesco definisce “odio”. Quindi chiama uno dei frati e gli dice: «Vai, e di’ al podestà da parte mia, che venga al vescovado lui insieme con i responsabili della città e ad altri che potrà condurre con sé».
Cantico. Nel frattempo Francesco aggiunse una strofa al Cantico di Frate Sole: «Laudato si, mi Segnore, / per quilli ke perdonano per lo tuo amore / e sustengu enfirmitate et tribulacione. / Beati quilgli kel sosteranno in pace / ka da te, Altissimo, sirano coronati». Il Podestà ascolta la voce di Francesco e, con il suo seguito si porta al palazzo del vescovado. Quando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell’episcopio, i frati si alzarono e uno di loro disse: «Francesco ha composto durante la sua infermità le Laudi del Signore. Vi preghiamo di ascoltare». Quindi Francesco aggiunse: «Ho fiducia nel Signore che renderà umili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all’amicizia e all’affetto di prima». Così i frati – sollecitati da Francesco – cominciarono a cantare: «Laudato si, mi Segnore, per quilli ke perdonano per lo tuo amore…». All’inizio del canto il podestà si alzò subito in piedi, e in lacrime, stette ad ascoltare attentamente il cantico stilato da Francesco. Quando i frati ebbero finito di cantare, il Podestà – profondamente commosso – lacrimando disse davanti a tutti: «Vi dico in verità, che non solo a messer vescovo, che devo considerare mio signore, ma sarei disposto a perdonare anche a chiunque mi avesse fatto del male». Si gettò ai piedi del vescovo, dicendogli: «Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, eccomi pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà». Il vescovo accolse il Prefetto fra le sue braccia, si alzò e rispose: «Per la carica che ricopro dovrei essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all’ira. Ti prego di perdonarmi». Nell’abbraccio sopraggiunsero le lacrime del perdono e tutti i presenti rimasero molto colpiti, di fronte all’intervento e alla santità di Francesco.
Egitto. Come non ricordare l’incontro di San Francesco con Malik al-Kāmil, il Sultano d’Egitto. L’episodio è esempio e modello di uno spirito di dialogo, di un’alternativa pacifica alle crociate. L’incontro di Francesco con il Sultano, nonostante che sia passati otto secoli, ancora non smette di interrogarci. Quest’anno si è realizzato in Assisi un evento straordinario che richiama, in parte, gli episodi sopra narrati: la Conferenza Episcopale italiana ha offerto l’olio per la lampada votiva da ardere presso la tomba di Francesco e il presidente della Repubblica italiana ha acceso la lampada votiva dinanzi la tomba di Francesco. Il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei ha definito l’appuntamento del 4 ottobre, un’occasione per una preghiera di intercessione per l’Italia e per la pace. Abbiamo bisogno di pace…, abbiamo tanto bisogno di pace – ve ne parla uno che la guerra l’ha vissuta e subita. Matteo Zuppi, in Assisi, ha proposto come riflessione sulla pace due eventi della vita di Francesco: l’incontro con il lebbroso e con il lupo di Gubbio. Termino con la conclusione di una bellissima preghiera di papa Francesco: «Regina della pace, ottieni al mondo la pace».