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      Home » Domenica 2 ottobre imposizione del Pallio all’arcivescovo di Pesaro
      Pesaro

      Domenica 2 ottobre imposizione del Pallio all’arcivescovo di Pesaro

      DON DANIELE FEDERICIDi DON DANIELE FEDERICINessun commento4 minuti di lettura
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      In questi giorni dedicati alla sua festa, andando a pregare sull’urna del nostro patrono S. Terenzio, si può notare, fra i paramenti liturgici che ricoprono le reliquie, insieme alla mitra e al pastorale, segni dell’episcopato, sulla veste rossa, colore del martirio, una particolare stola bianca, ornata di croci scure, che girando sulle spalle, ricade con due piccoli lembi sul petto e sulla schiena. Si tratta del pallio, dal latino pallium “mantello”, un’antichissima veste liturgica della Chiesa Cattolica, portata in origine dal solo Vescovo di Roma, come testimonia il Liber pontificalis, che, parlando di papa Mario (336), afferma che conferì il diritto di portarlo anche al Vescovo di Ostia, che aveva il privilegio di consacrare quello dell’Urbe.

       

      Storia. In seguito a partire dal V-VI secolo il suo uso fu concesso ai titolari di sedi episcopali particolarmente legate alla Santa Sede, o di grande importanza. Sappiamo che papa Simmaco (498-514) donò il pallio al Vescovo di Arles, che aveva il titolo di vicario pontificio, e Gregorio Magno (590-604) a quelli di Messina e di Siracusa, diocesi con un forte legame con la Santa Sede, per le tante terre appartenenti al Patrimonium Sancti Petri; mentre riaffermò la sua autorità sul Vescovo di Ravenna, riprendendolo in una sua lettera per l’utilizzo scorretto di questa veste liturgica. In seguito si moltiplicarono le concessioni fatte a vescovi in Italia e fuori Italia, e il suo uso fu presto esteso a tutti i metropoliti dell’Occidente, che lo ricevono ancora oggi direttamente dal papa o dai suoi rappresentanti, i nunzi. Nel Medioevo, durante la lotta per il dominium mundi, questa singolare “stola”, espressione diretta della potestas di Roma, diventò anche il simbolo di un potere, e servì a difendere la libertas ecclesiae contro le pretese imperiali.

       

      Affresco. In verità il Vescovo di Pesaro Luigi Carlo Borromeo e i suoi collaboratori, che rivestirono le reliquie del patrono in occasione dell’ultima ricognizione nel 1964, interpretarono come pallio, quello che nell’antico affresco di S. Decenzio, oggi ai Musei Civici, che rappresenta san Germano, san Decenzio e san Terenzio, è un “razionale medioevale” o un omoforion orientale, che tutti i vescovi potevano portare. Infatti il primo Vescovo di Pesaro a riceverlo fu Bagnasco, quando l’11 marzo 2000 la Diocesi di Pesaro venne elevata al grado di Arcidiocesi e di sede metropolitana con suffraganee l’Arcidiocesi di Urbino-Urbania-Sant’ Angelo in Vado e la Diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, e, di conseguenza, il Vescovo di Pesaro divenne Arcivescovo-Metropolita.

       

      Simbologia. Tutto nella liturgia della Chiesa parla attraverso segni, che rimandano ad un significato profondo. Così anche il pallio non è solo il simbolo dell’unione e della comunione con il Vescovo di Roma, Patriarca di tutto l’Occidente, ma ricorda a chi lo porta l’ideale dell’imitazione di Cristo. Imitazione nel martirio della testimonianza, le croci sul fondo bianco sono sei, come le ferite di Cristo, “l’agnello mansueto condotto al macello”; e imitazione nell’essere il buon pastore, che va in cerca della pecorella perduta e la riconduce all’ovile, prendendola su di sé. Non a caso il pallio, portato sulle spalle dai metropoliti, fin dal VI secolo è fatto con la lana degli agnelli benedetti sulla tomba della martire Santa Agnese a Roma, nel giorno della sua festa. Inoltre vi è anche un significato che riguarda più da vicino tutto il popolo di Dio, e di cui siamo tutti chiamati a fare memoria.

       

      Attesa. Il 2 ottobre quando il nostro Arcivescovo riceverà questo paramento liturgico dalle mani del nunzio in Italia, sarà il porta-bandiera, che ricorderà a tutti che ognuno di noi è l’agnellino portato da Cristo nel pellegrinaggio su questa terra; l’esperienza cristiana in fondo si riassume in questo essere portati, che rende la vita più lieta e piena di speranza. Sant’ Ambrogio, il grande vescovo di Milano, nel suo Expositio in psalmum 118, scrive: “Vieni, dunque Signore Gesù … Vieni a me, cercami, trovami, prendimi in braccio, portami». Sarebbe bello accompagnare il nostro Arcivescovo, in questo momento così importante e solenne, con questa preghiera nel cuore.

       

       

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