Gli ‘angeli’ di Pesaro mettono in salvo 5 mamme e 7 bambini
Il viaggio della salvezza compiuto da Michele Mariella, Fabrizio Canossini e Andriy Pavlikobskyy fino alla frontiera tra Polonia e Ucraina
Pesaro – DI ROBERTO MAZZOLI
Le donne fuggono senza sapere dove salvare i propri figli. Per salvare la vita a cui s’è data vita, contro tutto e tutti. Valeria, Yulia, Miroslava, Yevgeniiya e Ksenia sono cinque giovani mamme coraggiose ucraine che per i loro sette figli di età compresa tra 6 e 13 anni hanno deciso di lasciare tutto alle spalle. Anche i loro mariti. Vengono dalla città di Zaporizhzhia, dove sorge la più grande centrale nucleare d’Europa, il cui bombardamento nei giorni scorsi ha fatto tremare il mondo. Ma anche da Kharkiv, dove missili e mortai russi hanno già ucciso oltre cento bambini. Non i loro.
Decisione. Lo scorso 6 marzo infatti i dodici profughi sono arrivati in Italia grazie ad alcuni “angeli” che sono andati a prenderli fino alla frontiera. Un viaggio di oltre 3mila Km da Pesaro a Korczowa, in Polonia, ideato da Michele Mariella, 50 anni, che nella vita di tutti i giorni è avvocato e padre di quattro figli. E fortemente voluta da altre donne, altre madri. Italiane. «Tutto inizia qualche giorno fa – racconta Mariella – quando mi ha contattato Irina, un’ucraina che vive a Pesaro e che voleva regolarizzare le pratiche per alcune mamme in fuga dalla guerra. Ho pensato che dovevo fare di più e così ho parlato con mia moglie Francesca. Lei mi ha subito incoraggiato». In breve sulla chat degli amici parte l’appello e in poche ore si mette in moto un’incredibile gara di solidarietà. Le cooperative sociali “T41” e “Labirinto” mettono a disposizione due pulmini Ducato, mentre dal Centro di aiuto alla vita e da decine di privati arriva una pioggia di donazioni. «In particolare cercavo un altro autista – spiega Mariella – perché avevo bisogno di un cambio alla guida, e invece la provvidenza me ne ha mandati addirittura due».
Spedizione. Così insieme a Michele parte anche Fabrizio Canossini e Andriy Pavlikobskyy, un ucraino residente a Fano che in questi giorni ha moglie e suoceri sotto le bombe russe e che tornerà presto a riprenderli in auto. I due furgoncini partono stracolmi di merce donata: cibo, coperte, vestiti, giocattoli… «All’arrivo al confine ucraino – prosegue Mariella – abbiamo consegnato tutto ai volontari polacchi e caricato il primo gruppo di sette persone. Purtroppo una mamma col figlio di 2 anni non era riuscita a passare la frontiera ma siamo comunque riusciti a caricare un’altra donna con il suo bambino». La spedizione di salvezza riparte alla volta di Katowice per prelevare gli altri profughi. «Qui però – prosegue – la contadina che li ospitava in casa, vedendo tre uomini e sapendo i rischi che corrono le donne ucraine in questi frangenti, non si è fidata e ha voluto controllare a fondo i nostri documenti». Alla fine tutti sono a bordo e il viaggio può riprendere.
Testimonianza. Tra le cinque mamme ci sono anche due cugine: Valeria, 36 anni, impiegata nel settore del marketing e Yulia, 32 anni, ingegnere civile. Di famiglia cristiano ortodossa vengono dalla città di Zaporizhzhia. «Quando siamo fuggite – spiegano – il centro della città non era ancora stato attaccato ma i russi avevano colpito l’aeroporto e i villaggi circostanti. Abbiamo vissuto quattro giorni nei rifugi sotterranei e poi siamo state costrette a separarci da tutti i nostri familiari». E così Valeria ha detto addio al marito Andriy, direttore di una compagnia assicurativa e si è messa in viaggio con la figlia Yelizaveta di 9 anni. Anche Yulia ha dovuto lasciare il marito Vitalij, manager del settore edilizio, portando con sé le piccole Alexandra e Anastasia di 9 e 6 anni. «Anche se oggi siamo contente per aver messo al sicuro i bambini – raccontano – siamo in ansia per la sorte dei nostri mariti che sono sotto le bombe di Zaporizhzhia dove stanno costruendo una rete di protezione militare per evitare che la città finisca in mano ai russi. Il nostro sogno è rifare al più presto il viaggio di oggi ma in direzione opposta, per tornare a casa in pace». Per ricominciare ad essere le donne e le mamme di prima.