Le cronache o i diari di un evento, che oggi si chiamano in altri modi e sono affidati ai social di turno, rispondono all’indubitabile diritto di conoscere lo stato del cammino di qualcosa che sta a cuore. Per questo è opportuno e doveroso condividere con i nostri lettori lo stato dell’arte del nostro Sinodo diocesano. Nel rimandare la cronaca dei momenti passati alle preziose note di don Andreas Fassa nei numeri precedenti, oggi ci si vuole concentrare sul momento di svolta occorso al nostro itinerario sinodale. Intorno alla fine dello scorso anno gli incontri nelle commissioni e sottocommissioni sono risultati molto belli, partecipati e appassionati. Ogni sinodale ha potuto presentarsi ed esporre il suo pensiero con passione, speranza e libertà. Al termine di questo primo momento si è imposta però la necessità di intraprendere un metodo rigoroso, comune a tutte le commissioni e soprattutto che avesse lo stile del discernimento ecclesiale e non dell’improvvisazione. Ci è venuta in soccorso l’esperienza del Centro Studi “Missione Emmaus” il quale, come obiettivo, accompagna l’avviamento di processi sul territorio. La presidenza del Sinodo e i referenti delle Commissioni sono stati convinti e affascinati dal percorso suggerito dall’intervento prezioso di Stefano Bucci il quale ci ha instradato nel metodo del discernimento.
Il cammino scelto non sarà spinto esclusivamente dall’urgenza di dover escogitare qualcosa da fare cercando affannosamente e primariamente il “che cosa facciamo” liquidando così il nostro radunarsi in pochi incontri. Ci è stato consegnato invece un metodo lungo e rigoroso che ci introduce in uno stile e in un processo di discernimento. Il cammino del nostro Sinodo diocesano si inserirà così anche nel percorso della Chiesa italiana e universale. Tre passi ci porteranno fino a giugno a ridefinire il “sogno missionario”, tanto marcato da Papa Francesco (cf. EG 27), e a proporre alle Unità Pastorali o alle Parrocchie dei percorsi di sperimentazione per il prossimo anno pastorale a partire da settembre. Sarà quella l’occasione di cominciare un “ascolto in azione” per giungere poi l’anno successivo alla restituzione narrativa di quanto è accaduto nell’esperienza concreta e pratica delle singole comunità. Con questo percorso si arriverà al libro sinodale non come ad un’accozzaglia fredda e astratta di soluzioni teoriche pensate a tavolino ma come frutto di un lungo momento di discernimento concreto e vissuto.
Di don Daniele Brivio