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      Home » Margherita della Metola verso la canonizzazione
      Editoriale

      Margherita della Metola verso la canonizzazione

      RedazioneDi RedazioneNessun commento3 minuti di lettura
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      Margherita della Metola verso la canonizzazione

      C’è un lembo di terra sull’Appennino umbro-marchigiano, nell’antica regione della Massa Trabaria, dove sembra che la storia si sia divertita a disegnare un percorso di straordinaria spiritualità femminile. Su questi monti sorge Mercatello sul Metauro uno dei più piccoli comuni d’Italia, appena un migliaio di abitanti in provincia di Pesaro e Urbino. Tuttavia qui sono nate due tra le più grandi mistiche che oggi il mondo conosca: la beata Margherita della Metola (1287-1320), laica e terziaria domenicana e Santa Veronica Giuliani (1660-1727), clarissa cappuccina. Seppure in epoche diverse entrambe hanno lasciato un segno profondo anche nella vicina Città di Castello, in provincia di Perugia, dove sono sepolte. Mentre per Veronica Giuliani la canonizzazione risale al 1839, per Margherita della Metola potrebbe avvenire in occasione delle celebrazioni del settimo centenario della morte che si concluderanno il prossimo 9 maggio. Infatti l’ordine dei Domenicani, le diocesi di Città di Castello e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado hanno formulato nuovamente la richiesta di canonizzazione che Papa Francesco ha accolto con la procedura dell’equipollenza, che si basa sulla constatazione del culto ininterrotto. Oggi infatti esistono santuari dedicati alla beata Margherita in Ohio e Kentucky negli Stati Uniti. A lei sono intitolate scuole in Canada ed è crescente la devozione nelle Filippine, Australia, Messico, Giappone e India. Ma come può una donna del Medioevo rappresentare un esempio di fede anche oggi? «La sua attualità – spiega don Fabio Bricca, biografo della beata e vicario parrocchiale di Mercatello – è rappresentata dalla sua vita di laica consacrata e dal forte impegno sociale verso gli emarginati e i disabili, proprio lei che per prima avrebbe avuto bisogno di aiuto». Nata cieca e con una dismetria degli arti inferiori che la rese deforme, visse rinchiusa nella torre del fortilizio della Metola probabilmente tenuta nascosta dalla sua nobile famiglia che poi la abbandonò a soli 13 anni a Città di Castello dove divenne mendicante finché non fu accolta da una nuova famiglia che favorì il suo ingresso fra le “Mantellate” laiche domenicane. Da questa vita contemplativa iniziò un intenso apostolato a contatto con sventurati di ogni genere: poveri, malati, carcerati. Nel giorno della sua morte avvenuta a 33 anni, il popolo tifernate ne acclamò la santità. «Così la “Cieca della Metola” – conclude Bricca – pietra scartata, è divenuta una gloria della Chiesa, vera colonna (metula), speranza e consolazione degli imperfetti e degli umili».

      Roberto Mazzoli

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