Riportiamo, di seguito, la sintesi dell’omelia del Vescovo Armando nella Santa Messa di Pasqua celebrata, a porte chiuse, nella Cattedrale di Fano.
Pasqua arriva sempre nel momento e nel posto in cui una persona osa fidarsi più della vita che della morte, fare il passo decisivo, superare il limite, uscire dal sepolcro, far rotolare via la pietra, resistere alla tentazione di restare a giacere. “Chi ci farà rotolare via la pietra dell’ingresso del sepolcro?”(Mc 16,3) e videro che la pietra era già stata fatta rotolare.
Pasqua deve avvenire dentro di me e con me, oppure non avviene affatto. Questa è Pasqua. Silenziosa e a volte quasi impossibile da percepire, eppure irresistibile.
Morte e risurrezione. A Pasqua commemoriamo il fatto che Uno, il Cristo, lo ha già vissuto. Con la sua morte e risurrezione, Gesù Cristo ci invita a seguirlo nel suo cammino. Perché non c’è soltanto la grande morte, quella fisica! Ci sono anche le innumerevoli piccole morti che affrontiamo nella vita di tutti i giorni. Quello che celebriamo a Pasqua vuole dirci che non finisce tutto con la morte. Lui, il Cristo, che ci ha preceduti, ci porta attraverso tutte le morti alla vita e alla risurrezione. Questa è Pasqua.
Fragilità. In questo tempo orribile il problema da affrontare è il tema della fragilità personale e collettiva, sociale ed economica, politica ed istituzionale. E’ il tema della malattia, della vita e della morte, che tocca e ridefinisce ogni cosa. Sperimentiamo una forma inedita di solitudine della fede. Siamo chiamati a ripetere nuovamente il Vangelo in questo tempo; che affronti il mistero della morte e della risurrezione. Perché con questo, oggi, tutti, individualmente e collettivamente, siamo confrontati. Questa è l’attesa, consapevole o meno di una moltitudine.
Pietre. Pasqua è la festa della rimozione delle pietre. Dio rimuove le pietre più dure, contro cui vanno a schiantarsi speranze e aspettative: la morte, il peccato, la paura.
Spesso a ostruire la speranza è la pietra della sfiducia. Quando si fa spazio l’idea che tutto va male che e che al peggio non c’è mai fine, rassegnati arriviamo a credere che la morte sia più forte della vita e diventiamo portatori di malsano scoraggiamento. Pietra su pietra costruiamo dentro di noi un monumento di insoddisfazione, il sepolcro della speranza. Lamentandoci della vita, rendiamo la vita dipendente dalle lamentele e spiritualmente malata. Si insinua così una specie di psicologia del sepolcro. Ma il Signore non abita nella rassegnazione. E’ risorto, non è il Dio dei morti, ma dei viventi. Non seppelliamo la speranza.
C’è una seconda pietra che spesso sigilla il cuore: la pietra del peccato, dell’errore. Il peccato seduce, promette cose facili e pronte, benessere e successo, ma poi lascia dentro solitudine e morte. Il peccato è cercare la vita tra i morti. La pietra della paura. Il Signore ci chiama ad alzarci, a risorgere sulla sua Parola, a guardare in alto, a credere che siamo fatti per il Cielo, per le altezze della vita. Non rimaniamo a guardare per terra impauriti, guardiamo Gesù risorto: il suo sguardo ci infonde speranza, perché ci dice che siamo sempre amati e che, nonostante tutto quello che possiamo combinare, il suo amore non cambia.
Miei carissimi, vi auguro di non farvi trasportare dalla corrente, dal mare dei problemi; di non infrangervi nelle pietre del peccato e sugli scogli della sfiducia e della paura.
Alzati! Ti rialzerai! Ma non lo saprai mai se resti a terra. Vuoi alzarti? Devi rialzarti e ti rialzerai. Risurrezione oggi, qui e ora. Ci rialzeremo perché Uno, il Cristo, è risorto. Alzati.