“Tutto esaurito” venerdì 20 settembre al teatro Sperimentale di Pesaro e diverse persone costrette a rimanere fuori. Era in programma un incontro con il prof. Andrea Riccardi, docente universitario e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, invitato da monsignor Piero Coccia a intervenire sul tema “Sinodalità ed esodalità della Chiesa” nel Convegno diocesano di apertura dell’anno pastorale. Considerati i numerosi impegni anche internazionali del relatore, la sua presenza a Pesaro non poteva che essere accolta con profonda gratitudine, come quella espressa dal moderatore, prof. Paolo Boni e dall’Arcivescovo, il quale ha introdotto i lavori ricordando che il tema in oggetto è al centro, in questi ultimi tempi, del magistero di Papa Francesco. Tanti gli spunti emersi dall’intervento del prof. Riccardi, articolatosi in sei brevi capitoli.
Individualismo. Il prof. Riccardi ha inizialmente sottolineato come la spinta del nostro tempo a sentire, vivere e pensare in modo individuale abbia fatto ammalare anche la Chiesa, la cui natura specifica invece, diversamente anche dalla Chiesa ortodossa, è la comunione del vescovo e del popolo di Dio con il Papa. “In questo periodo – ha detto – la voce del Papa si scontra con la convinzione di gruppi cristiani, comunità o Chiese, che dicono: il Papa non capisce la nostra situazione, perché è diverso da noi, il suo discorso non è adatto alla nostra realtà. […] Ci sono cristiani che si chiudono tra sé: per pigrizia, paura, tradizionalismo e diventano prigionieri delle abitudini”. I segnali di questo individualismo si colgono nel calo della pratica religiosa e nella flessione delle vocazioni. La stessa malattia, ha proseguito, investe anche Pesaro, “bella, elegante, un gioiello a dimensione umana e comunitaria per chi viene da una grande città. Ma chi conosce le pieghe della sua esistenza, sa quanti siano i dolori della solitudine e quanto forte l’individualismo […] Ne vediamo i frutti nei tanti anziani soli, nella gente impoverita e abbandonata”.
Comunità. Tuttavia, in questo mondo di individui, la Chiesa è ancora una realtà di popolo: “fa assemblea, crea legami tra persone, celebra liturgie[…] Essere fisicamente insieme (come lo erano i discepoli quando hanno incontrato il Signore Risorto) ha un grande valore spirituale. La Chiesa cattolica non accetta un rapporto con il fatto religioso esclusivamente virtuale (come le sette neoprotestanti) o marcatamente individuale (come l’induismo e alcune pratiche buddiste). Diceva Ignazio di Antiochia: se qualcuno non partecipa alla riunione dei fedeli, è un superbo […] Non ci si salva da soli. Siamo qui riuniti, perché crediamo che nessuno si salvi da solo. Crediamo che le persone, vicine, attente, indifferenti, ostili… non si salvano da sole”. In un mondo individualista dove le famiglie si allentano, i legami non nascono o si rompono, le organizzazioni e i partiti si sfrangiano, la Chiesa rappresenta una diversità, una profezia.
Sinodalità. Qui si colloca il tema della sinodalità (camminare insieme). “Le prime volte che ne sentivo parlare, temevo una raffica di sinodi che avrebbero rischiato di impegnare la Chiesa all’interno e non in uscita. Spesso le esperienze istituzionali di sinodo non hanno dato grandi frutti. Oggi il concetto di sinodalità mi si sta chiarendo. Vuol dire imparare a camminare insieme tra persone diverse per cultura, stato di vita, età. Vuol dire capacità di collaborare, raccontare quello che si vede e si fa, leggere insieme i segni dei tempi, discutere su come essere al servizio del mondo. La sinodalità è dal basso verso l’alto. La Chiesa è rimasta troppo verticistica, troppo clericale. Il clericalismo è un problema non solo dei preti, ma anche dei laici. Oggi paradossalmente siamo clericali in una Chiesa con pochi preti”.
Anche la Chiesa di Pesaro ha pochi preti. Ma è una Chiesa morente? No. “La risposta è andare avanti come popolo, vivere nell’affettuosa e premurosa responsabilità delle molte membra di un corpo”.
Profezia. “Voi siete in tanti e attenti. Volete vivere un anno di grazia e di amore. Voi siete chiamati, perché vi chiamano le viscere della vostra città. Vi chiamano i poveri, gli stranieri che cercano accoglienza, gli anziani soli, le persone che soffrono psichicamente, i disabili, i sofferenti. Vi chiamano i disperati e i giovani assetati di senso della vita. […] C’è uno spaesamento che diventa rabbia, cultura dell’inimicizia. I problemi sembrano troppo complessi e la gente rinuncia a pensare, delegando un capo che pensi per lei. La Chiesa è chiamata a pacificare e ridare speranza. È chiamata ad alzare gli occhi dai problemi e a vedere la Gerusalemme celeste dietro la sua città.
Esodalità. “Niente è impossibile a Dio e chi crede può fare l’impossibile. Nei deserti di vita e di fraternità che sono le nostre città, abita la Chiesa con le sue comunità, le parrocchie, le case della solidarietà e della carità, le tavole imbandite per i poveri, le famiglie cristiane. Non sono presidi di una comunità stanca e introversa, che fatica a stare in piedi o che si deve difendere dal mondo, come taluni pensano. Sono presenze materne, perché la Chiesa è madre e compagna degli uomini.
Allora, come vivere il sogno nelle nostre vite quotidiane? Insieme! Perché una comunità fraterna è un luogo di attrazione per tanti spaesati, è un seme della città futura, fraterna e migliore.
Qui si colloca la tematica della “Esodalità”. Ma – va detto – il primo esodo (senza cui non vi è quello della Chiesa) è da sé stessi: decentrarsi, uscire dal proprio egocentrismo e narcisismo per incontrare il Signore e gli altri e vivere per loro e con loro.
Sogno. Questo è il sogno. Un sogno romantico? No. Piuttosto “presa di coscienza di un grande compito. Niente di necessario ci manca, perché se ci mancasse, Dio ce lo avrebbe già dato. Ci vogliono tempo e pazienza, ma a un certo punto si sente che si aprono spiragli. L’acqua di san Terenzio zampilla sempre. La Chiesa in uscita è una benedizione per la città”.
PAOLA CAMPANINI
Chiesa di Pesaro e priorità
Che cosa è per te l’esperienza sinodale e come la vivi all’interno della comunità cristiana a cui appartieni? Nella tua esperienza di Chiesa trovi riscontro di questo rapporto tra sinodalità (comunione) ed esodalità (missione)? Quali “periferie” ritieni prioritarie per l’impegno della Chiesa di Pesaro oggi?
Attualità. Sono le domande sulle quali sabato 21 settembre, presso la parrocchia di Santa Maria di Loreto di Pesaro, hanno riflettuto – divisi in cinque gruppi – i partecipanti al Convegno diocesano, per dare seguito ai lavori della sera precedente. Nell’assemblea unitaria finale, poi, i capigruppo hanno condiviso gli esiti di tale confronto, dai quali l’Arcivescovo ha tratto lo spunto per alcune iniziali considerazioni. Monsignor Piero Coccia, innanzitutto, si è detto ancor più convinto dell’opportunità della scelta tematica effettuata: se infatti è vero che la sinodalità e la esodalità sono dimensioni costitutive della Chiesa di sempre, non si può tuttavia negare che nel tempo e nel contesto attuali è necessario risvegliare le coscienze e rinvigorire l’operosità dei fedeli, come dimostrano anche le continue sollecitazioni ed esortazioni di Papa Francesco.
Declinazioni. In secondo luogo, dopo aver sottolineato lo strettissimo intreccio tra le due dimensioni, legate da un rapporto circolare di causa-effetto, si è soffermato su quattro loro declinazioni.
A livello personale l’esodalità implica un uscire da se stessi per andare incontro a Cristo e vivere un rapporto sinodale con Lui e con i fratelli: senza questo saremmo degli operatori sociali, non una Chiesa. A livello ecclesiale occorre uscire da una concezione ristretta di Chiesa, da una impostazione centralizzata e confinata alla propria parrocchia o alla propria comunità, per aprirsi a un’esperienza di sinodalità ampia con la diocesi e con le diocesi sorelle.
A livello pastorale è necessario mettere in discussione il proprio modo di operare, i metodi, il linguaggio utilizzati, sottoponendoli costantemente a verifica ed essendo disposti a rinnovarli, come i tempi e le condizioni richiedono. Infine l’esodalità e la sinodalità implicano anche una trasformazione culturale: una cultura profetica, che sappia dare certezza e speranza alla cultura attuale, malata di scetticismo e di relativismo. Tutto questo tenendo sempre presenti le periferie che tutti i gruppi hanno ritenuto prioritarie per la Chiesa di Pesaro oggi: la famiglia, la scuola e perciò i giovani.
PAOLA CAMPANINI